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Corea del Nord: se l’assassino è di Stato, è donna

Se l’assassino di Stato è nord-coreano, è donna. Una tradizione, che Kim Jong-un, l’attuale giovane leader – 33 anni da poco compiuti – eredita, come il potere, dal nonno Kim Il-sung, e dal padre, Kim Jong-il.

C’era ancora il patriarca, fondatore ed eroe della Repubblica popolare della Corea del Nord, quando Mayumi Hachiya, un agente segreto donna di 27 anni, con un complice di molto più anziano, piazzò una bomba su un Boeing 707 della compagnia di bandiera sud-coreana, la Kal, diretto da Baghdad a Bangkok via Abu Dhabi. Gli attentatori scesero negli Emirati, lasciando l’ordigno a bordo. Il volo 858 esplose in volo al di sopra del Golfo del Bengala: non ci furono superstiti.

Quella volta, la traccia che condusse gli inquirenti sulla pista nord-coreana fu il cianuro: Mayumi e il suo partner cercarono di sottrarsi alla cattura ingerendo una capsula di veleno – lei, però, sopravvisse -, seguendo il copione degli agenti della Spectre nei film di 007, ma anche una tradizione ben documentata in quello che a quei tempi era il blocco comunista.

Allora, la matrice nord-coreana non era di per sé evidente. Quasi vent’anni dopo, tutto è più trasparente: a volere uccidere Kim Jong-nam, fratellastro maggiore di Kim Jong-un, diseredato dal padre per una maldestra ‘fuitina’ verso la Disneyland giapponese, non poteva che essere il leader nord-coreano, desideroso di liberarsi d’un oppositore scomodo, oltre che di una potenziale alternativa al suo potere.

I sicari, questa volta, sono stati due donne e avrebbero usato aghi avvelenati: una tecnica che ricorda l’ombrello bulgaro, cioè un ombrello dotato di un meccanismo pneumatico nascosto capace di sparare piccoli proiettili contenenti ricina, un potente veleno naturale che può uccidere un uomo.

Ne fece le spese, a Londra, nel 1978, Georgi Malkov, uno scrittore dissidente bulgaro assassinato nel giorno del compleanno del dittatore comunista bulgaro Todor Zivkov.

Ora, che cosa ci sia di vero e di incontrovertibile nelle notizie che arrivano dalla Malaysia, dove il Kim ucciso aspettava d’imbarcarsi per Macao, come in quelle che arrivavano vent’anni fa da Abu Dhabi , è difficile dirlo. Anche il fatto che le due donne killer siano già state uccise da un terzo complice – donna o uomo? – attende d’essere verificata.

Ma l’episodio va ad aggiungersi alla galleria degli orrori dei Kim, che l’ultimo rampollo della dinastia comunista è particolarmente attivo nell’arricchire d’episodi tanto truculenti quanto controversi, se siano o meno avvenuti, dall’eliminazione della ex fidanzata a quella dello zio mentore.

Al di là del singolo episodio, il dato di fondo è l’apparente imprevedibilità di un leader che testa missili e bombe atomiche e sfida la comunità internazionale, senza apparentemente curarsi del degrado delle condizioni di vita del suo popolo esposto a carestie drammatiche e a inverni rigidissimi affrontati senza adeguate risorse energetiche.

Da decine d’anni la Corea del Nord è percepita come una minaccia dai suoi interlocutori, Cina e Russia (che ne sono pure stati, nel tempo, garanti e protettori), Corea del Sud e Giappone, Stati Uniti. Adesso, la percezione di minaccia è ingigantita dal fatto che Kim non è l’unico attore imprevedibile sulla scena coreana: forse, test missilistici e attentati sono per lui un modo di attirare l’attenzione di Donald Trump. Kim ha passioni americane, per il cinema e il basket; magari, ne cova una per i presidenti miliardari twitter-dipendenti’.