Cronaca

Arte, tesoro da 20 mln finito in Ucraina: ritrovato a maggio, resta ostaggio di Kiev

Mantegna, Rubens, Tintoretto e altri capolavori trafugati dal museo di Castelvecchio un anno fa e ritrovati a maggio a Kiev sono ancora a lì. Poroshenko vuole riconsegnarli di persona a Renzi. Ma nessuno sa quando e nessuna legge prevede che la restituzione avvenga con una cerimonia ufficiale. “E’ per sottolineare la collaborazione tra i Paesi”, spiega l’ambasciatore La Cecilia. Ma un avvocato denuncia il presidente ucraino per ricettazione e appropriazione indebita

Un bottino da 20 milioni di euro fatto di 17 opere d’arte. Rubate da una banda italo-moldava dal museo Castelvecchio di Verona il 19 novembre 2015 e ritrovate in Ucraina a maggio 2016. E che lì, al momento, restano perché “è difficile trovare la data adatta per i due leader, specialmente adesso durante un’attività densa politica in Italia“. Addossa la responsabilità alle agende troppo fitte di Renzi e Poroshenko l’ambasciatore ucraino in Italia Yevhen Perelygin, che altro non sa sulla data di rientro delle opere che appartengono al nostro Paese. I due leader, ha detto letteralmente al Tg5, “hanno accordato durante il loro ultimo incontro di realizzare la restituzione a Verona nel prossimo futuro”. Quando, però, non si sa. E anche l’ambasciatore italiano a Kiev, Davide La Cecilia, spiega che “stanno lavorando alacremente” per consentire il rientro delle opere entro fine 2016. Eppure per restituirle, non è necessario che due presidenti si incontrino de visu. Ma tant’è. E, per inciso, al momento non si sa nemmeno dove siano con esattezza, anche se dall’Ucraina garantiscono: “Sono in buone mani”.

Parliamo di sei dipinti di Tintoretto, uno di Rubens, uno di Mantegna, uno di Pisanello, uno di Jacopo e un altro di Giovanni Bellini, oltre ad altri sei di autori ‘minori’. Sono stati rubati il 19 novembre 2015 e ritrovati il 6 maggio nella regione di Odessa. Erano nascosti nella boscaglia e avvolti in sacchi di plastica, adagiati sull’isola di Turunciuk, sul fiume Dnestr, vicino alla Transnistria. Dovevano partire per la Moldavia per sfuggire al controllo della polizia ucraina, e poi essere venduti a Kiev e Mosca. Intanto nei giorni scorsi è iniziato il processo per la banda di ladri italo-moldava: 6 imputati accusati di furto, rapina a mano armata in concorso e sequestro di persona per aver bloccato un’impiegata. Due hanno patteggiato e per gli altri quattro il pm ha chiesto 33 anni e 4 mesi di carcere. E ora la domanda è: quando tornano in Italia? Il sindaco Tosi ha fatto capire che la restituzione vis-a-vis va molto oltre la pura formalità: “I quadri sono ancora custoditi dalla repubblica ucraina – ha detto – che aspetta di consegnarli nelle mani di Renzi. Una scelta fatta dal presidente ucraino Petro Poroshenko che dobbiamo rispettare anche per mantenere i buoni rapporti anche per gli interessi economici generali“. Per lui tutto è rimandato a dopo il referendum visto che è “quanto meno improbabile che Renzi riesca in queste due settimane ad imbastire un incontro con Poroshenko. Spero che questo possa avvenire in dicembre“. La politica tentenna, ma il diritto impone l’obbligo della restituzione. Anche senza rendez-vous bilaterale.

“Nella Convenzione Unesco del 1970, ratificata anche dall’Ucraina, è presente il principio generale della restituzione delle opere – spiega Natalino Ronzitti, professore emerito di Diritto internazionale della Luiss -. Può accadere che, in buona fede, vengano vendute opere che in realtà sono frutto di illeciti. Ma in questo caso si tratta di furto, quindi devono essere restituite e basta. E per farlo non è necessaria la presenza di Poroshenko“. Della stessa opinione Michele Dantini, docente di storia dell’arte contemporanea all’università del Piemonte orientale. “L’Ucraina dovrebbe restituire le opere al più presto, non ha nessun diritto di trattenerle ulteriormente. E soprattutto la restituzione non dovrebbe essere un atto paternalistico di Kiev: è evidente che i quadri siano diventati ostaggio di Poroshenko”. Allontana invece lo spettro dell’influenza geopolitica l’ambasciatore italiano a Kiev Davide La Cecilia, preoccupato che la data del rientro venga fissata “quanto prima”. Che tempi abbiamo? “Le agende di due leader sono complesse“. Ovviamente. Ma è necessario che Poroshenko ci sia? “E’ per sottolineare la collaborazione tra le forze dell’ordine dei due Paesi“. O per risplendere agli occhi dell’Europa. “Non credo che si possa stabilire una relazione con questa ipotesi – precisa l’ambasciatore – ma certo, c’è bisogno di proseguire il processo di avvicinamento all’Europa“.

Mentre tutto tace sul fronte del piano di rientro, si insinua anche il dubbio che la visita della Lega Nord in Crimea a ottobre abbia potuto ostacolare il rimpatrio. Un’ipotesi che nessuno degli esperti sentiti ilfattoquotidiano.it si sente di confermare, anche se l’ambasciatore ucraino Perelygin è stato chiaro: “La delegazione ha preferito schierarsi apertamente con i responsabili della morte di decine di migliaia di ucraini. Silenzio sulla vicenda anche dal ministero dei beni culturali, che aveva esultato al ritrovamento e poi non si è più pronunciato. Intanto i quadri sono stati esposti a giugno al museo Khanenko di Kiev a giugno e per l’occasione Tosi in trasferta aveva consegnato la cittadinanza onoraria a Poroshenko. Che è stato denunciato da un avvocato veronese, Guariente Guarienti, per ricettazione a appropriazione indebita, visto che le opere hanno “sostato” anche presso la sua residenza. Un atto inoltrato alla Procura di Verona e a quella di Kiev perché “dopo un anno è legittimo ritenere che il trattenimento dei quadri costituisca reato”.