Politica

In Usa come in Italia, il denigratore diventa il principe della politica contemporanea

Non c’è dubbio che per molti versi il mondo occidentale evolve in una direzione apparentemente retrograda: dalla Gran Bretagna che esce dall’Europa a Trump Presidente not-politically-correct del paese più potente del mondo. Nel suo piccolo l’Italia potrebbe vantarsi di aver percorso questa strada retrograda per prima, con Bossi, Berlusconi, Renzi e Grillo. Piuttosto che interrogarsi sui dettagli (cosa avrebbe potuto dire o fare Hillary Clinton invece di quello che ha effettivamente detto e fatto), è interessante rilevare un aspetto comune tra questi eventi. Questo non esaurisce l’analisi sociologica, naturalmente; ma ne costituisce un passo.

Uno strumento del successo della politica retrograda, che disfa conquiste faticosamente conseguite, mi sembra essere la denigrazione dell’esistente. Non che sia male denunciare gli scandali: è doveroso, ed è la funzione della libera stampa. Se però alla denuncia non si accompagna anche il riconoscimento del funzionamento del sistema, si manipola l’opinione pubblica nella direzione di far credere che lo stato attuale delle cose sia pessimo e che pertanto qualunque cambiamento non potrà essere che migliorativo: si cade “nel tanto peggio, tanto meglio”. Questo è pericoloso e favorisce il successo politico del denigratore di professione che non dà alcuna garanzia su quello che farà, né ha mai dato prova di saperlo fare: perché se le cose vanno malissimo, che potrà mai succedere di peggio?

La Gran Bretagna è uscita dalla Unione europea perché gli inglesi pensavano che fosse pessima, e perché la propaganda ne aveva ingigantito i difetti; ma la Gran Bretagna per molti versi ha ricevuto dall’Unione più di quello che ha dato. Per l’Italia vale lo stesso: la gente si lamenta dell’austerity imposta dall’Euro, ma dimentica l’inflazione a due cifre della nostra vecchia liretta. Trump ha cavalcato lo slogan “Fare di nuovo grande l’America”, ma gli Usa sono già il paese più potente del mondo che altro possono diventare? Il gioco di Trump è stato quello di denigrare l’esistente e far sentire deboli gli americani. Sulla denigrazione delle istituzioni praticata dai vari Bossi, Berlusconi, Renzi e Grillo non c’è bisogno di spendere molte parole: basta l’esempio della propaganda sulla riforma costituzionale di Renzi (peraltro simile a quella proposta a suo tempo da Berlusconi), fondata sull’idea che qualunque cambiamento sarà migliore di nessun cambiamento, e che “la Costituzione più bella del mondo” è quanto di peggio sia dato di trovare in materia.

La lezione è chiara: il populista retrogrado (magari al servizio degli interessi dell’alta finanza) vince se convince l’elettore di star male. Nei paesi occidentali l’elettore, anche se non sta bene, o almeno non sta bene quanto vorrebbe, gode di diritti e servizi di grande valore: l’assistenza sanitaria (in Europa se non negli Usa); la giustizia; l’istruzione. Convincere l’elettore di star male passa per la denigrazione dei servizi: il politico populista deve convincere l’elettore che i suoi diritti non gli sono garantiti a sufficienza, che i servizi che gli sono offerti non hanno la qualità minima necessaria, e che ogni evento è uno scandalo, Se ci riesce ha la vittoria in pugno perché non deve dimostrare di poter migliorare le cose, operazione sulla quale non ha garanzie da offrire: gli basta dimostrare che le cambierà, in qualunque modo, perché ha convinto l’elettore che qualunque cambiamento sarà migliorativo.

Come ci si oppone al populismo retrogrado? E’ necessario, e progressista, valutare onestamente l’esistente e sottolinearne i meriti: l’esistente è il frutto di battaglie passate per i diritti dei lavoratori, delle minoranze, delle donne. Se i risultati di queste battaglie sono stati insufficienti, logica vuole che si continui sulla stessa strada, perché non miglioreremo la società abolendoli, e non ci serve un Trump (o un Salvini, o un Renzi) qualsiasi per distruggere anche quel poco che abbiamo fatto. E d’altra parte un Trump (o un Salvini, o un Renzi) poco altro sa fare o promette di fare.
Noi vogliamo andare avanti, almeno un po’, non indietro.