Capitoli

  1. Brexit, il “leave” inglese resta uno spauracchio per i costruttori di auto
  2. L'ad Nissan chiede "compensazioni"
  3. Le preoccupazioni di Bmw e Jaguar-Land Rover
  4. Il caso Opel: profitti da rimandare?
Fatti a motore

Il caso Opel: profitti da rimandare? - 4/4

Dal palcoscenico del salone di Parigi, in programma fino al 16 ottobre, i top manager delle case automobilistiche con fabbriche in Inghilterra hanno lanciato un grido d'allarme per i possibili effetti della Brexit. Temono la fine degli accordi di libero scambio

Il più “preoccupato”, come ha confessato lui stesso, è il numero uno di Opel Karl Thomas Neumann: “Importiamo componentistica in Inghilterra ed esportiamo auto dall’Inghilterra: il nostro è un equilibrio che si regge sul free trade. Un’auto su quattro la vendiamo nel Regno Unito col marchio Vauxhall, che dunque è un mercato strategico. A causa del voto sulla Brexit quest’anno guadagneremo 400 milioni di euro in meno”. Soldi necessari per raggiungere quella profittabilità che manca alla divisione europea di General Motors da troppo tempo, e che al quartier generale di Russelsheim rischiano di vedersi scappare da sotto il naso dopo gli sforzi enormi in termini di nuovi prodotti e riduzione dei costi degli ultimi anni, proprio per colpa del “leave” inglese.

Facendo i conti sulle tempistiche delle trattative, ci vorranno tra i tre e i cinque anni perché nel mondo dell’auto cambi qualcosa. Ma le novità, anche se ancora non ce ne sono, a qualcuno fanno già maledettamente paura.