'ndrangheta

Stupro Reggio Calabria, Ricchiuti (Pd): “Ora giù le mani dal 41bis”. In Brianza le fortune (politiche) del clan Iamonte

Dopo il caso della 13enne abusata in gruppo per volere del rampollo di un boss, la senatrice mette in guardia la commissione presieduta dal collega di partito Manconi che discute l'alleggerimento del carcere duro. "Il governo deve rispondere con più risorse per la giustizia, se no la Calabria è persa". E ricorda che dagli anni Ottanta a oggi esponenti della cosca protagonista del caso hanno fatto affari a Desio con l'edilizia, entrando in giunte e consigli comunali

“Adesso la commissione Manconi non venga in Parlamento a dire di allentare il 41bis“. E’ indignata e furiosa Lucrezia Ricchiuti (nella foto), senatrice Pd in Commissione antimafia, di fronte alla storia di un rampollo del clan di ‘ndrangheta Iamonte che a Melito Porto Salvo ha inflitto abusi sessuali di gruppo per quasi due anni a una ragazzina 13enne, nell’omertà generalizzata del paese, secondo quanto ricostruito dalla procura di Reggio Calabria guidata da Federico Cafiero de Raho. Anche perché lei gli Iamonte li ha conosciuti da vicino, non in Calabria, ma a Desio, in Brianza, nel cuore della Lombardia, dove è stata consigliera comunale e poi vicesindaca. E dove il clan Iamonte-Moscato è stato egemone dagli anni Ottanta fino almeno al 2010, quando è stato disarticolato dall’operazione Crimine-Infinito.

“La commissione straordinaria sui diritti umani guidata da Luigi Manconi (anche lui del Pd, ndr) sta mettendo in discussione il regime carcerario riservato ai mafiosi più pericolosi perché troppo duro”, continua Ricchiuti. “Dopo quanto raccontato da Cafiero de Raho su questo caso, altro che allentare il 41 bis. Questa storia dimostra che certi criminali lo saranno sempre e si perpetuano di generazione in generazione, dal nonno al padre al nipote. E i genitori della 13enne abusata non hanno avuto il coraggio di denunciare una cosa così terribile perché sono convinti che in quel territorio comandi la ‘ndrangheta e non lo Stato. La risposta del governo deve essere allora quella di investire in risorse per la giustizia, se non vogliamo dare per scontato che la Calabria sia ormai una regione persa, come mi viene da pensare sentendo le audizioni dei commissari di comuni sciolti, per esempio Platì”.

Ma non è solo la Calabria. Perché Natale Iamonte, il nonno del trentenne Giovanni arrestato oggi, negli anni Ottanta arrivò a Desio in soggiorno obbligato. Nella ricca e operosa Brianza di fatto ricreò un clan simile a quello lasciato a Melito Porto Salvo, e soprattutto si inserì perfettamente nell’economia e nella politica cittadina. Fino all’era delle giunte leghiste-berlusconiane, l’ultima delle quali è stata spazzata via nel 2010 dalle polemiche seguite all’indagine Infinito, che dimostrò i nessi fra ‘ndrangheta, politica e uffici comunali. Il business principale della famiglia, manco a dirlo, è sempre stato l’edilizia. L’attuale amministrazione di centrosinistra, afferma Lucrezia Ricchiuti – che per anni quasi in solitaria ha denunciato quel comitato d’affari ben prima dell’arrivo dei magistrati – “paga ancora oggi i danni provocati da tutte le palazzine abusive costruite dal gruppo Iamonte-Moscato”.

Fin dagli anni Novanta, due autorevoli esponenti della famiglia hanno fatto politica locale ai massimi livelli. “Natale Moscato è stato consigliere comunale e poi assessore, all’Urbanistica e persino alla Polizia locale, a Desio, mentre Annunziato Moscato è stato consigliere comunale nella vicina Cesano Maderno”. Lo zio dei due fratelli Moscato è sempre lui, il grande vecchio Natale Iamonte, deceduto l’anno scorso. Annunziato è stato poi condannato in via definitiva nel processo Infinito. Natale fu arrestato negli anni Novanta, quando era assessore Psi, poi fu assolto da tutte le accuse. “Ma molti imprenditori del posto li hanno considerati per anni brave persone che davano lavoro”, ricorda la senatrice Pd. “Quando ero vicesindaco, Natale Moscato ci chiese un appuntamento. Ci spiegò che veniva per conto di un operatore che aveva un capannone abusivo e voleva aggiustare le cose. Lo mettemmo alla porta”.