Economia

Crescita, l’economista: “Irrituali e controproducenti le pressioni del Tesoro a pochi giorni da diffusione dei dati Istat”

Venerdì l'istituto diffonde il numero definitivo sul pil del secondo trimestre. Il ministero guidato da Padoan ha sostenuto che il buon andamento dei servizi "promette una crescita economica di segno positivo, non zero" come da stima preliminare. Fedele De Novellis, direttore responsabile di Ref Ricerche: "In ogni caso un decimale cambia poco: rischiamo di ritrovarci con 16 miliardi di prodotto in meno rispetto alle previsioni"

“E’ davvero irrituale che il governo abbia fatto riferimento a una presunta revisione al rialzo del dato definitivo rispetto a quello preliminare. Si tratta di una pressione indebita su un istituto che dovrebbe essere indipendente. Ora, se venerdì uscirà un +0,1% molti potranno dire che l’Istat si è adeguato alle richieste di Renzi”. Fedele De Novellis, economista e direttore responsabile dell’istituto di analisi Ref Ricerche (che è tra le fonti dell’Ufficio parlamentare di bilancio), non ha dubbi nel censurare l’intervento a gamba tesa del Tesoro. Che martedì ha “reso noto” informalmente alle agenzia di stampa di attendersi per il secondo trimestre dell’anno “una crescita economica di segno positivo, non una crescita zero”.

Come è noto, a metà agosto l’istituto di statistica ha diffuso una stima preliminare in base alla quale nel periodo aprile-giugno il pil è rimasto al palo: +0%. Venerdì mattina verrà reso noto il dato definitivo, cruciale perché si tratta dell’ultimo numero ufficiale sull’andamento dell’economia prima della revisione, attesa per il 27 settembre, del Documento di economia e finanza: il. Ebbene, quattro giorni prima della diffusione il ministero guidato da Pier Carlo Padoan è appunto intervenuto (ma senza diffondere note ufficiali) per far sapere che “il dato sul fatturato dei servizi nel secondo trimestre è incoraggiante” e, appunto, “promette per lo stesso periodo una crescita economica di segno positivo”.

“E’ evidente che c’è molta agitazione per la revisione delle stime che delineeranno il contesto su cui si incardinerà la legge di Bilancio“, dice De Novellis. “Ma un intervento del genere è controproducente per tutti. Non vorrei trovarmi nei panni dei ricercatori Istat. Già siamo in una situazione particolare perché dal 2011, dopo la chiusura dell’Isae, il nostro istituto di statistica accanto ai dati ufficiali diffonde anche previsioni e analisi: è un caso direi unico al mondo (con l’eccezione della Francia dove questo ha suscitato molte polemiche), un pastrocchio su cui sarebbe utile una riflessione. Perché l’Istat di fatto si trova ad avvalorare o meno, ex ante, la bontà delle politiche del governo”.

La tensione è inevitabile perché, continua De Novellis, “un contesto di crescita più favorevole da un lato porterebbe con sé un aumento delle entrate e un automatico miglioramento dei conti pubblici, dall’altro giustificherebbe le deroghe ai paletti europei ottenute finora dimostrando che le riforme fatte dal governo stanno dando frutti per cui in futuro l’andamento della finanza pubblica migliorerà. Se invece la crescita non c’è, la ratio per la flessibilità viene meno”. E Renzi come è noto punta a ottenere da Bruxelles il via libera per fare più deficit del previsto anche il prossimo anno. In più, “la crescita di quest’anno avrà un effetto trascinamento sul prossimo. Invece che iniziarlo di slancio partiremo già molto lenti”.

Un decimale in più o in meno cambia molto poco: il contesto, spiega l’economista – che ha appena firmato l’aggiornamento della periodica analisi dell’istituto sulla congiuntura economica – è tutt’altro che incoraggiante. “Nel 2015 la domanda interna è stata sostenuta dal calo del prezzo del petrolio, che ha fatto aumentare il potere di acquisto e quindi i consumi. Quell’effetto una tantum, però, si sta esaurendo. Nel frattempo il rallentamento internazionale, complice la Brexit e le tensioni in Turchia, contribuisce a indebolire l’export. In questo contesto, rispetto alle previsioni del governo che stimavano una crescita dell’1,2% quest’anno e dell’1,4% il prossimo rischiamo di ritrovarci con un punto in meno in due anni, pari a 16 miliardi di pil“.