Viaggi

Barcellona e il turismo di massa che non piace proprio a tutti

Un filo sottile unisce Barcellona a Venezia: il turismo low-cost, ossia la saturazione degli spazi, la scarsa qualità dei commerci, il consumo veloce delle bellezze artistiche, la superficialità del contatto con la cultura locale, l’omologazione dei luoghi che cancella i segni identitari, la poca attenzione per i beni di valore ambientale. La capitale catalana è città meno fragile dell’antica repubblica marinara, un luogo in apparenza più solido che però non nasconde affanni e sofferenza.

È sufficiente una visita al sito di Airbnb per rendersi conto di come l’offerta di alloggi riesce con difficoltà a rispondere alla crescente domanda turistica, non c’è angolo di Barcellona che non metta sul mercato appartamenti turistici con prezzi in costante aumento, è utile una passeggiata nel barrio Gotico o nel Born per verificare come interi stabili siano riservati al turismo “mordi e fuggi”, affitto veloce, prevalentemente di quattro giorni, quasi sempre non superiore ad una settimana.

Un’invasione che ha modificato i suoni, il lessico nelle strade, i ritmi delle domeniche, i rapporti nei condomini. Non c’è palazzo del centro nel quale non si trovi una bacheca all’ingresso con affisso il decalogo della buona convivenza, un insieme di norme speciali fissate per regolare i rapporti dei residenti con gli stranieri, i transeunti della confusione. Da pochi giorni Airbnb ha introdotto nella propria web una nuova pagina: Airbnb y tu vecindario (Airbnb e il tuo vicinato), un format anonimo che consente di segnalare un affitto turistico senza licenza, rumori, occupazione di spazi comuni e molestie di ogni sorta.

Il fronte più avanzato del low-cost catalano viene dal mare, ha un nome preciso: Harmony of the Seas, la più grande nave da crociera mai costruita, varata poche settimane fa nei cantieri bretoni di Saint Nazaire, su commissione della compagnia Royal Caribbean. Una città galleggiante con novemila abitanti, dei quali ben 2000 membri di equipaggio, solcherà le acque del Mediterraneo fino ad ottobre, con il porto di Barcellona a fare da base per l’ormeggio. In centinaia si sono affacciati in questi giorni dalle banchine dello scalo per ammirare i 72 metri di altezza – lo scafo alto come un edificio di 20 piani – e la sua lunghezza pari a 4 campi di calcio.

Non tutti, in verità, si recano al porto per apprezzare un’opera di alta ingegneria navale, centinaia di membri dell’Asamblea de Barrios por un Turismo Sostenible, coordinamento che raggruppa una trentina di comitati ambientalisti, hanno accolto l’arrivo della nave con una manifestazione di protesta, all’insegna dello slogan “STOP HARMONY-Bye bye Creuers”. Se il comitato veneziano “No grandi navi” pone l’accento sulla fragilità del sistema lagunare, le associazioni catalane accendono i riflettori sulla contaminazione marina. Contestano l’uso di combustibili poco raffinati altamente inquinanti (3500 volte più contaminanti del diesel), per muovere le 227 mila tonnellate dello scafo i motori consumano 110.000 litri al giorno di diesel.

Secondo recenti studi imbarcazioni di tali dimensioni emettono anidride carbonica pari a 8000 veicoli, altissimi anche i quantitativi di zolfo. Numeri che impressionano, come quelli che vengono opposti dai sostenitori del turismo da crociera, l’ormeggio della Harmony of the Seas frutterà 30 milioni di euro all’Autorità portuale, con un fatturato complessivo del settore pari a 796 milioni di euro, introiti che incidono fortemente sul Pil della comunità autonoma. Le potenti eliche dei motori fanno muovere, con le acque, grandi quantità di capitali.

Andrea Lupi e Pierluigi Morena