Mondo

Egitto, il direttore dell’ong consulente dei Regeni e la repressione annunciata di al Sisi

Ahmed Abdullah, direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’Ong del Cairo di cui appena ieri avevamo segnalato l’ultimo rapporto sui desaparecidos in Egitto, è in carcere.

Preso a casa sua alle 3 della notte tra domenica e lunedì, come ai tempi delle dittature sudamericane: apparentemente un arresto preventivo, per impedire la sua partecipazione alle manifestazioni del 25 aprile, giorno in cui si celebra il ritorno della penisola del Sinai all’Egitto, scelto dalle opposizioni per contestare la cessione delle isole di Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita.

Le manifestazioni di ieri sono state stroncate, con arresti di manifestanti e di giornalisti.

La repressione era stata annunciata dal presidente al-Sisi, che aveva chiesto a polizia ed esercito di impedire qualsiasi azione destinata a pregiudicare la sicurezza, e dal suo fidato ministro dell’Interno, Magdy Ghaffour (entrato in carica nel marzo 2015 e sotto il quale i casi di tortura sono aumentati esponenzialmente), il quale aveva annunciato “massima fermezza e determinazione nei confronti di qualunque azione possa arrecare disturbo alla sicurezza o intenda attaccare edifici pubblici”.

Con Ahmed Abdullah (che alla vigilia del 25 gennaio, giorno della scomparsa di Giulio Regeni, era scampato a un tentativo di sequestro ad opera di agenti in borghese mentre stava bevendo un caffè al centro del Cairo) sono stati arrestati – nella capitale, ad Alessandria e altrove – almeno 100 attivisti politici e difensori dei diritti umani.

Integriamo il post con il comunicato di Amnesty International

Almeno 238 persone, tra cui attivisti e giornalisti locali e stranieri, sono state arrestate in varie città dell’Egitto il 25 aprile, giorno in cui si celebra il ritiro nel 1982 di Israele dalla penisola del Sinai. Il massiccio spiegamento di forze e mezzi di sicurezza ha di fatto impedito lo svolgimento delle manifestazioni pacifiche indette per protestare contro la cessione di due isole del mar Rosso all’Arabia Saudita, una decisione che secondo molti gruppi della società civile egiziana è stata presa in modo incostituzionale e privo di trasparenza.

Almeno altre 90 persone erano state arrestate tra il 21 e il 24 aprile. Gli arrestati dovranno rispondere di varie accuse, tra cui reati contro la sicurezza nazionale e violazioni della legge antiterrorismo e della legge sulle proteste.

Tra le persone arrestate figurano la nota attivista Sanaa Seif, l’avvocato Malek Adly e Ahmed Abdullah, presidente della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione non governativa per i diritti umani che sta offrendo attività di consulenza ai legali della famiglia di Giulio Regeni. Ahmed Abdullah è stato prelevato nella sua abitazione nella notte tra il 24 e il 25 aprile dalle Forze speciali. È accusato di istigazione alla violenza per rovesciare il governo, adesione a un gruppo “terroristico” e promozione del “terrorismo”.

Il 22 aprile era stato arrestato Haytham Mohammedein, avvocato e portavoce del Movimento rivoluzionario socialista. È stato tenuto bendato durante gli interrogatori e portato dopo più di 24 ore di fronte a un giudice, che ne ha convalidato la detenzione per altri 15 giorni con le accuse di “adesione al gruppo fuorilegge della Fratellanza musulmana”, “tentativo di rovesciare il governo” e “convocazione di proteste contro la ridefinizione della frontiera marittima del paese”.

Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane a rispettare il diritto di manifestazione pacifica e la libertà di espressione e a rilasciare tutte le persone arrestate per aver manifestato in forma pacifica.