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Brexit in mano ai bookmakers. Verso il referendum che Cameron non vuole vincere

E’ ancora possibile prevedere come voterà l’elettorato occidentale? Negli ultimi anni le previsioni hanno spesso fatto cilecca, si pensi solo al referendum in Scozia o all’elezione di Cameron nel Regno Unito quanto tutti gli opinion poll lo davano per spacciato. Gli esperti concordano che i fiaschi degli anni passati sono attribuibili all’impossibilità di costruire un campione che funzioni. Viviamo in democrazie caratterizzate dall’incertezza politica di chi vi fa parte. I cosiddetti swing voter, gente che decide all’ultimo momento chi votare e che lo fa sulla base di interessi personali e non in nome di un’ideologia sono la maggioranza. Ai tempi della guerra fredda, quando la politica era decisamente polarizzata il loro numero era basso, a volte quasi irrisorio, ma adesso che i partiti si spostano comodamente a destra ed a sinistra gli uni dagli altri, a secondo dei temi che affrontano, diventa impossibile prevedere cosa voterà la maggioranza.

Ciononostante tutti noi continuiamo a consultare le sfere di cristallo ‘politiche’, gli opinion poll insomma, che per evitare di sbagliare offrono non uno ma diversi scenari, a seconda del gruppo censito, e cioè giovani verso vecchi, ricchi verso poveri, nord verso sud ecc. Sta poi al singolo individuo decidere cosa succederà. Un bell’esempio di questo tipo di previsioni ce lo offre l’Economist riguardo al referendum inglese sull’uscita dall’Unione Europea.

Basta cliccare su una categoria ed i risultati cambiano, ecco dunque che se a votare sarà la maggioranza dei poveri sicuramente ci sarà un Brexit, ma se invece avranno il sopravvento i ricchi allora il Regno Unito rimarrà nell’Unione Europea. Discorso analogo vale per i vecchi ed i giovani, i primi sono euroscettici e voteranno per l’indipendenza mentre i secondi sono europeisti. Gli scarti sono sufficientemente ampi per rendere una previsione accurata quasi impossibile. A questo vanno aggiunti altri fattori imprevedibili, come il clima. Se il 23 giugno sarà una bella giornata meno giovani voteranno se invece piove meno anziani andranno alle urne.

Da buoni scommettitori i britannici si fidano di più dei bookmakers che negli ultimi anni hanno prodotto previsioni più accurate degli opinion pools ufficiali. Ma anche questi offrono un panorama poco chiaro, con scarti minimi.

Meno popolari sono le previsioni provenienti dal settore finanziario. L’esistenza di diversi indici aggiornati in tempo reale su come voterà l’elettorato il 23 giugno e prodotta dalle varie istituzioni finanziarie è legata alla paura che l’uscita dall’Unione indebolisca il primato della Citi di Londra.

Ma ad analizzare bene la cosa anche la finanza non ha la più pallida idea di cosa succederà, ci troviamo di fronte ad un fenomeno assolutamente nuovo, che nessuno aveva mai previsto e quindi c’è chi parla di catastrofe e chi parla invece di rinascita.

Poi ci sono le previsioni dei giornali sia finanziari come il Financial Times o non come il Daily Telegraph anche qui è impossibile riuscire a farsi un’idea di cosa avverrà, anche perché tutti questi indici vengono aggiornati quasi in tempo reale e quindi cambiano continuamente.

Ancora più sconcertante è la divisione trasversale tra chi vuole restare e chi se ne vuole andare all’interno dei partiti politici. A parte l’Ukip che ha fatto dell’uscita dall’Ue la bandiera ideologica del partito, tutti gli altri sono spaccati in due. Anche all’interno del governo esiste la stessa divergenza di opinione. Certo non sarà un voto facile anche perché chi ha promesso questo referendum, i.e. David Cameron, non vuole vincerlo, anzi è tra i più agguerriti sostenitori dell’Unione. A questo punto molti si chiedono perché spendere tutti questi soldi per rimanere, tanto valeva non menzionare neppure il referendum. Ma Cameron l’ha fatto perché era sicuro di perdere le elezioni politiche, e già anche lui è caduto nella trappola degli opinion polls, e quindi ha giocato questa carta difficile e scomoda per disperazione. Ironia della sorte vuole che ci sarà il Brexit dovrà dimettersi.

Morale: il surrealismo della politica supera ormai e da tempo qualsiasi finzione!