Cultura

‘La tua presenza è come una città’ di Ruska Jorjoliani: la riscoperta del mondo sovietico

Gli eroi mica crescono i figli dei nemici del popolo come fossero i propri, ed è ciò che pare sia accaduto nel caso degli Almasov. Compagni, qui abbiamo a che fare con qualche buon germe in mezzo a tanta gramigna, e un buon contadino, quando toglie la gramigna, la toglie tutta.

Un romanzo con una prosa efficace, inedito, come trama, nel panorama della nuova letteratura, quello della giovane scrittrice georgiana Ruska Jorjoliani, La tua presenza è come una città (Corrimano Edizioni). L’autrice, nata a Mestia nel 1985, ma arrivata a Palermo in seguito al delirio della pulizia etnica che colpì l’Abkhazia dopo il crollo dell’ex Impero sovietico, e che ha deciso di scrivere nella sua lingua d’adozione, l’italiano, deve a un verso di Boris Pasternak il titolo del suo lucido e affascinante libro.

Tutti inizia nel secolo scorso quando due ragazzi diventano amici in una piccola cittadina della sterminata Russia: Misoslav. Viktor Almasov, crescendo, diventerà ingegnere, Dimitri Florensov, invece, professore di letteratura russa. La loro amicizia non viene, apparentemente scalfita, anche se la Rivoluzione incombe e Dimitri, che non crede alla causa sovietica, un giorno entra in aula e di fronte ai suoi studenti stacca il ritratto di Lenin e lo fa volare dalla finestra.

Afferrò allora la sedia più vicina, la trascinò e l’addossò alla parete; vi salì e sganciò il ritratto dal chiodo. Scese, andò alla finestra e l’aprì. I ragazzi seguivano attenti ogni sua mossa… con una spinta maldestra fece volare l’immagine di Lenin. Poi richiuse la finestra. Non ho mai capito cosa ci facesse in mezzo ai grandi scrittori, disse, voltandosi ai ragazzi che lo fissavano stupiti.

Il gesto lo porterà a scontare un lunghissimo periodo al confino sul Mar Bianco. Viktor, sposato e con un figlio, prende in casa propria la moglie e il figlio dell’amico. I due bambini vivranno nella stessa casa, cresceranno come fratelli. Il figlio di Victor, ormai grande, scriverà lettere a Kirill, il figlio di Dimitri, anche lui come il padre mandato al confino in Siberia.

Si tratta di una gustosa saga intergenerazionale scritta con un linguaggio maturo che a tratti ricorda le cose migliori di Ágota Kristóf, Meša Selimović, Rosa Liksom, Venedikt Erofeev e il Martin Amis de La casa degli incontri, e che dimostra il grande lavoro di ricerca fatto da Ruska Jorjoliani per ricostruire l’ambientazione, la sensibilità, la cultura e i rapporti umani del mondo sovietico. Un romanzo consigliato a chi ha voglia di leggere una storia intelligente e pervasa di grande concretezza e onestà.