Mafie

Seregno, dopo la chiusura del bar per “infiltrazione mafiosa” appare lo striscione di solidarietà

Il Comune, su disposizione della Prefettura di Monza, ha revocato la licenza commerciale al Tripodi pane & caffè, oltre che al Bar torrefazione. Mercoledì scorso davanti al bar panetteria il lenzuolo, rimosso solo la mattina dopo dai vigili urbani, “Noi vi vogliamo bene!”

Il bar più gettonato tra i sindaci del centrodestra di Seregno è stato chiuso per mafia. Il Comune, su disposizione della Prefettura di Monza, ha infatti revocato la licenza commerciale al Tripodi pane & caffè, oltre che al Bar torrefazione, “per pericolo di infiltrazione mafiosa”.

Qualche ignoto concittadino dei Tripodi ha comunque deciso di manifestare la propria solidarietà appendendo mercoledì scorso uno striscione davanti al bar panetteria, rimosso solo la mattina dopo dai vigili urbani. “Noi vi vogliamo bene!”. Recitava la scritta con tanto di cuore rosso apparsa sulla piazza principale di questo piccolo e ricco centro brianzolo dove da anni la ‘ndrangheta ha messo salde radici. Per il giovane consigliere comunale Pd Leonardo Sabia quel lenzuolo bianco rappresenta un altro passo verso il pericoloso “rovesciamento dei valori che è ormai in atto qui”. Il principio per cui i cattivi diventano i buoni e i buoni cattivi, come succede in tutte le realtà di mafia. “Dopo la decisione della Prefettura ci aspettavamo un segnale da parte della città, e il primo ad arrivare è stato in favore dei Tripodi”, dice a ilfattoquotidiano.it.

Il loro locale in piazza Vittorio Veneto è lo stesso dove il sindaco berlusconiano Edoardo Mazza organizzò il rinfresco per la fine della campagna elettorale per le amministrative dello scorso maggio (come documentato da ilfattoquotidiano.it), quando venne immortalato ai tavolini del bar Tripodi in compagnia, niente meno, che dell’allora vice presidente della Regione Lombardia e assessore alla Sanità della giunta Maroni, Mario Mantovani, arrestato a ottobre nell’indagine su un presunto giro di mazzette. Ed è lo stesso dove nel 2014 il suo predecessore, l’ex sindaco della Lega Nord Giacinto Marini, girò parte del suo spot elettorale.

I due primi cittadini hanno sempre dichiarato di non provare nessun imbarazzo a frequentare il bar nonostante uno dei soci, Antonino Tripodi, detto Nino, sia stato arrestato nella storica inchiesta Infinito. “Vengo spesso qui a prendere il caffè, è proprio dietro il mio studio legale. So che Tripodi è stato coinvolto nell’indagine ma non mi crea nessun problema politico sapere che nel suo locale è stato organizzato un rinfresco”, rispose Mazza al Fatto.it. Mentre per Mariani “i Tripodi sono una famiglia come le altre”.

Per i giudici invece Nino Tripodi era il custode dell’arsenale a disposizione della potente locale di Desio, investito dell’incarico perché incensurato e quindi insospettabile. Il 23 febbraio del 2009, in un box di proprietà dei Tripodi nello stabile dove abitano, i carabinieri trovano un revolver con matricola abrasa, una semi-automatica Glock, una Colt. E ancora, un fucile a canne mozze calibro 12 con calcio tagliato e matricola abrasa, tre saponette di esplosivo Tnt, vari inneschi e un timer. Per questo Nino Tripodi viene condannato al carcere, anche se durante i vari gradi di giudizio cade l’accusa di mafia. Ma a raccontare tanto di lui, oltre alle sentenze, ci sono anche i suoi legami familiari con personaggi che vantano buoni quarti di nobiltà criminale. Sua madre, Teresa Crea, è sorella di Paolo Crea, “menzionato quale capo locale di Desio, nella sentenza emessa dal Tribunale di Milano in data 21 ottobre 1997 a conclusione del processo denominato ‘l fiori della notte di San Vito’”. Ed è “coniugato con Francesca Pio, nipote di Candeloro Pio”, altro boss della ‘ndrangheta.

Questo quello che scrivono i magistrati. L’altro locale chiuso dal prefetto, il Bar Torrefazione, è stato rilevato da Maria Marano, moglie di Giuseppe Pensabene, considerato capo reggente della locale di Desio e attualmente in carcere dopo l’operazione dell’antimafia milanese che portò alla luce la “banca della ‘ndrangheta” di Seveso. Per la politica però sembra che i problemi a Seregno siano altri. Ad esempio l’ex sindaco Mariani se la prende con l’opposizione che dà credito ai “siti anonimi”, come Infonodo, un portale sempre attento a quello che si muove nel sottobosco della politica e della mafia. Per il fedelissimo di Matteo Salvini “la città di Seregno non ha bisogno di falsità e di cattiverie, di atti anonimi. Che le opposizioni la smettano di rifarsi a siti anonimi gestiti da animali, da ladri e da schifosi. Perché queste persone devono morire”, dice nel giugno scorso durante la festa per la sua elezione in Consiglio comunale e per la vittoria a sindaco di Mazza. Parole che spingono la senatrice Pd Lucrezia Ricchiuti a parlare di “intimidazione mafiosa” e a presentare un’interrogazione al ministro Alfano per chiedere lo scioglimento del Comune per mafia. Il Fatto.it ha tentato di contattare numerose volte il primo cittadino Mazza per un commento sulla decisione della Prefettura, ma non ha ottenuto risposte. Sia lui che Mariani sabato scorso hanno partecipato a una manifestazione organizzata spontaneamente da un gruppo di cittadini in risposta allo striscione a favore dei Tripodi, in piazza si è presentato anche Antonino Tripodi. Il segnale contro la mafia da parte della città sperato, consigliere Sabia? “Sì, quello a favore però è arrivato prima. Come al solito sono più veloci di noi”.