Capitoli

  1. Maltrattamenti negli asili, le cause di un’emergenza: tra omertà, lacune nella selezione e scarse tutele
  2. I DATI SUI MALTRATTAMENTI 
  3. CHI (NON) DENUNCIA I MALTRATTAMENTI
  4. LA CULTURA DELLE PUNIZIONI CORPORALI
  5. LA PROPOSTA DEI TEST E LE TELECAMERE
  6. DOPO LE CONDANNE, INTERDIZIONE E TRASFERIMENTI
Società

DOPO LE CONDANNE, INTERDIZIONE E TRASFERIMENTI - 6/6

Nella maggior parte dei casi a denunciare sono i genitori. Molte scuole ignorano una circolare ministeriale del 2006, che permette di sospendere le maestre indagate: gli istituti aspettano che a intervenire sia la magistratura. Sotto accusa la mancanza di paletti nelle assunzioni e la legge sull'interdizione dai pubblici uffici, che in questi casi è a discrezione dei giudici. La politica, però, inizia a muoversi: si fa strada l'ipotesi di test psico attitudinali e di telecamere obbligatorie per legge

Nei giorni scorsi è stato il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini a chiarire che la maestra del nido di Pavullo (Modena) finita prima ai domiciliari e ora libera rischia dalla sospensione fino a sei mesi al licenziamento. Per ora il gip le ha proibito di avvicinarsi a scuola. “Quando scatta l’arresto gli istituti potrebbero sospendere le maestre” spiega a ilfattoquotidiano.it Roberta Lerici, presidente dell’associazione “Bambini coraggiosi” che nel suo blog in questi anni ha raccontato molte storie di maltrattamenti. E che ricorda l’esistenza, per le strutture che dipendono dal Ministero, della circolare 72 del 19 dicembre 2006: “Quelle scuole potrebbero sospendere le maestre indagate, ma non sempre avviene. Anzi, si aspetta sempre che sia la magistratura ad emettere il provvedimento di sospensione”. In caso di condanna, invece, possono aprirsi diverse strade. L’articolo 28 del codice penale disciplina la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, temporanea o perpetua. “In caso di un verdetto di condanna per maltrattamenti, dovrebbe essere scontata l’interdizione, invece – spiega Lerici – è a discrezione del giudice, quindi ci sono educatori che continuano a insegnare dopo aver scontato la pena. Magari vengono trasferiti e nessuno sa nulla, soprattutto se il giudice stabilisce la non menzione nel casellario”. Ma anche quando il giudice opta per l’interdizione, non ci sono regole chiare sul ritorno in aula. Emblematico quanto avvenuto a maggio in provincia di Verona. La maestra dell’asilo nido di un piccolo centro è stata condannata in primo grado a 2 anni e 4 mesi di reclusione per una vicenda avvenuta nel 2010 in un altro nido della provincia. I genitori hanno protestato: non erano contrari al reinserimento di una persona che ha sbagliato, ma avrebbero preferito non venirlo a sapere dai giornali. E si sono chiesti se, almeno in questi casi, non sia opportuno fare i test attitudinali oggi al centro del dibattito.