Cultura

Il Barbiere di Siviglia, i 200 anni del flop più di successo della storia della lirica (e l’eterna giovinezza di Rossini)

Il 20 febbraio 1816 al teatro Argentina di Roma si sentirono per la prima volta le voci di Figaro e Rosina. Ma fu una frana: fischi, risate e urla dei fan di Paisiello accompagnarono l'opera del Cigno di Pesaro che si rinchiuse in albergo per un giorno. All'indomani però fu un trionfo. Che resiste fino a oggi

Correva l’anno 1816 e Gioachino Rossini, da poco divenuto nuovo direttore dei teatri di Napoli, San Carlo in testa, stava per partorire l’opera che, nei secoli, si sarebbe legata, più di qualunque altra, al nome del dominatore indiscusso delle scena musicale di quel tempo: Il Barbiere di Siviglia. Il 20 febbraio 1816, duecento anni fa, vedeva la sua prima assoluta, al Teatro Argentina di Roma, l’opera che secondo la leggenda Rossini compose in appena 20 giorni, anche grazie a vari auto-imprestiti – un’abitudine del compositore di Pesaro: il “riciclo” più noto riguarda certamente la celebre sinfonia, che il compositore prese a prestito dalle sue precedenti Aureliano in Palmira ed Elisabetta regina d’Inghilterra.

Una prima esecuzione che resta nella storia come uno dei più clamorosi flop di tutti i tempi: una claque di appassionati sostenitori di Giovanni Paisiello, già autore di un suo Barbiere di Siviglia andato in scena trent’anni prima, mal digeriva l’idea che Rossini avesse osato rimettere in musica il capolavoro del grande compositore tarantino. E fu così che, tra fischi e risate varie orchestrati ad hoc, il “clan” dei paisielliani riuscì a far naufragare il capolavoro rossiniano, anche se solo alla sua prima battuta. Rossini, che temeva simili reazioni, aveva cautelativamente cambiato il titolo dell’opera in Almaviva, o sia l’inutile precauzione, accorgimento rivelatosi, appunto, un’inutile precauzione.

Il Cigno di Pesaro, dopo il clamoroso insuccesso della prima, rinunciò a dirigere l’opera e si ritirò in albergo. Ma già il giorno dopo, però, fu portato in trionfo dal pubblico romano, vedendo così riscattato il suo lavoro e la propria, sempre crescente, fama di maggior compositore lirico della sua epoca suo tempo. Numerosi, oltre alla sinfonia d’apertura, sono i numeri musicali che consegnano Il Barbiere di Siviglia alla storia della musica. Fra tutti spicca certamente quella cavatina di Figaro, il Largo al factotum, sulle cui note hanno trovato la gloria alcuni tra i più grandi cantanti degli ultimi due secoli. Ma non solo: la cavatina di Rosina, Una voce poco fa, l’aria, cantata da Basilio, La calunnia è un venticello – divenuta espressione di uso corrente – e ancora la canzone del Conte Se il mio nome saper voi bramate. Sono solo alcuni dei momenti nei quali il genio rossiniano ha incontrato i favori di generazioni e generazioni di pubblico che, fino a oggi, hanno continuato a riempire i teatri con allestimenti nuovi per un’opera divenuta immortale.

Di tutta la copiosa produzione teatrale rossiniana sono state proprio Il Barbiere di Siviglia e il Guglielmo Tell le uniche opere a restare eseguite ininterrottamente dal momento della loro prima assoluta, nonostante i forti rimaneggiamenti rispetto alle partiture originali avvenuti fino ai giorni nostri. La maggior parte delle sue restanti produzioni incontreranno invece lunghissimi periodi di assoluto silenzio e relativa assenza dalle scene. Il teatro rossiniano era naufragato, insieme alla parte più copiosa della sua produzione, sotto i colpi di una nuova sensibilità teatrale e drammatica, quella del romanticismo, alla quale proprio il “Napoleone d’un’epoca musicale”, come lo chiamò Giuseppe Mazzini, aprì i battenti con La donna del lago. Giacomo Leopardi la vide proprio a Roma, all’Argentina, e subito dopo scrisse al fratello: “Abbiamo in Argentina – al Teatro Argentina – La donna del lago, la qual musica eseguita da voci sorprendenti è una cosa stupenda, e potrei piangere anch’io, se il dono delle lagrime non mi fosse stato sospeso”. Fu così che Giuseppe Verdi, insieme agli altri grandi protagonisti dell’Ottocento musicale, offuscarono e consegnarono all’oblio, temporaneamente, il lustro del teatro rossiniano.

Per riscoprirlo bisognerà attendere dunque la cosiddetta Rossini renaissance, negli ultimi trent’anni del Novecento, grazie allo studio critico delle edizioni originali e all’impulso determinante di studiosi come Philip Gossett e Alberto Zedda, direttori d’orchestra come Claudio Abbado, di una cantante come Maria Callas. Il Barbiere è ancora oggi una tra le cinque opere più eseguite nel mondo, in compagnia de La traviata di Verdi, della Carmen di Bizet, della Bohème di Puccini e del Flauto magico di Mozart. A dimostrazione di un genio intramontabile e di un’epoca musicale ancora tutta da scoprire.