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Siria, i crimini dello Stato islamico in cifre

Passati per le armi, decapitati, lapidati, scaraventati giù dall’ultimo piano dei palazzi, bruciati vivi.

Così, nei 20 mesi trascorsi dall’istituzione del califfato, lo “Stato islamico” ha ucciso 2114 civili , tra cui 78 bambini e 116 donne, in Siria: persone già di fatto ostaggio in quei territori, giudicate colpevoli di apostasia, offesa all’Islam, adulterio, spionaggio, omosessualità. Almeno una donna è stata uccisa per aver cercato di fuggire dal marito violento.

Lo riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, il centro di informazioni sul conflitto siriano con base a Londra, spesso accusato di faziosità quando fornisce dati sui crimini commessi dalle forze governative e che, forse, ora sarà giudicato maggiormente credibile.

I dati si riferiscono solo alla Siria e non anche all’Iraq, dove come sappiamo lo “Stato islamico” ha compiuto una vera e propria pulizia etnica e religiosa contro yazidi, cristiani, curdi, turcomanni e altre minoranze.

Non includono, inoltre, gli stranieri (giornalisti, cooperanti e altri civili) decapitati o eliminati in altro modo brutale, così come sono esclusi dal conteggio i “non civili” uccisi: soldati dell’esercito regolare, membri di milizie filo-governative e combattenti di altri gruppi armati di opposizione, come al-Qaeda nel Levante e il Fronte al-Nusra.

Lo “Stato islamico” ha compiuto anche vari massacri: tra questi, 939 arabi sunniti uccisi nella zona di Deir Ezzor, 223 curdi a Kobane e nel vicino villaggio di Barkh Notan e altre 46 persone nel villaggio di Al-Mab’oujeh.

Il resoconto dell’Osservatorio è stato chiuso prima dell’ultima strage rivendicata dallo Stato islamico: 71 morti in un attentato contro un mausoleo sciita nella capitale Damasco.

Lo “Stato islamico” ha anche compiuto assassini tra le sue fila: 422 persone passate per le armi per diserzione, spionaggio ed “estremismo” religioso (come l’attribuzione di caratteristiche divine ad alcune figure sacre dell’Islam).

Post scriptum

Sempre per quanto riguarda la Siria, la settimana scorsa i combattimenti e i bombardamenti dell’aviazione siriana e russa hanno costretto alla fuga decine di migliaia di abitanti dalle zone di Aleppo controllate dall’opposizione. Di fronte a questo nuovo esodo di rifugiati, fino a ieri il varco di frontiera turco di Oncupinar risultava chiuso. Con tre giorni di ritardo, l’Unione europea ha chiesto al governo di Ankara di far entrare le persone ammassate al confine, ormai 40.000, ricordando che ha promesso alla Turchia tre miliardi di euro per accogliere e assistere i rifugiati e non per tenerli fuori. Oncupinar è il varco di frontiera dove, dicono fonti indipendenti turche, passa ancora il petrolio estratto dallo “Stato islamico” nei suoi territori.