Trash-Chic

Trash-chic, le ultime da Gstaad: Carolina di Monaco assorta in preghiera e James Franco fa cucù

Fiacca era partita la stagione montanara: c’era più neve che gossip. E a Gstaad, l’anti-Cortina, senza lo sciurame d’impronta Santanchè, si sentiva più la mancanza del secondo che della prima. Adesso sulle alte quote s’è messo pure a piovere. Gli impianti di risalita chiudono, i negozi sulla Promenade sbarrati, il mercato immobiliare al minimo storico.

L’imprenditore Tonino Cacace stava per aprire L’Olivo, il ristorante stellato del suo Capri Palace, invece alla fine cambia idea e lo dirotta su Miami. Come se non bastasse ci si mette anche il segreto bancario che in Svizzera non è più tanto un segreto. A ringalluzzire una stagione agonizzante ci pensa Patricia Low, la Larry Gagosian cantonale, che fa piovere “Rain of memories” sulle teste degli invitati per festeggiare i primi 10 anni della sua Galleria.

Con un benvenuto a Chiharu Shiota, l’artista giapponese più acclamata all’ultima Biennale di Venezia. Un’installazione di 4000 chiavi, di ogni tipo e forma, piccoli talismani provenienti da ogni paese del mondo e intrecciati con santa pazienza con un filo di lana rossa da Chiharu, chiusa per una settimana tra quattro mura per tessere con santa pazienza l’intricata rete. A Venezia se ne contavano 50mila. “Sono le chiavi della conoscenza”, chiosava l’artista. Per quelli che ‘non me frega nulla dell’arte’, c’erano invece bollicine e canapè tartufati.

Beh, diciamo che a messa si fanno i migliori incontri: all’esortazione cristiana ‘scambiatevi il segno della pace’, Carolina di Monaco, aria dimessa, senza trucco, senza fronzoli, senza bodyguard, tende la mano al suo vicino. Finita la messa e andate in pace, lei resta inginocchiata, mani congiunte sul volto e assorta in preghiera. Ha, invece, l’aria shabby chic e trasandata il figlio Andrea, a tracolla una borsa di pezza stile figlio dei fiori.

Sono giovani, belli e dinamici Marie e Thomas Tournemine. Hanno chiuso la loro galleria a Parigi e l’hanno aperta a Gstaad al posto della creperie Apple Pie. Il primo merito: nessuno dovrà più mangiare le loro torte indigeste. Secondo merito fare entrare Gstaad, sulla scia di Art Basel, nel circuito internazionale della fotografia come Paris Photo. E intanto dalla Corea del Sud hanno portato i surreali autoritratti di Ahn Sun Mi che in mezzo a piume, pesci e alberi posa con eclettiche espressioni facciali.

Da Los Angeles Marshall Vernet, talentuoso regista di spot televisivi, propone uno sfaccettato mix di fotografia classica in bianco e nero e disegni a carboncino con tocco computerizzato. E in netto contrasto con l'”impero” di un lusso frou frou la galleria punta sul fotografo francese Thomas Jorion, già una celebrità per ricchi e per i nuovi ricchi del mercato cinese. Nessuno meglio di lui sa descrivere il degrado urbano per indurre a una riflessione sulla materialità e temporalità. Chiaro?

Direttamente da Hollywood James Franco fa cucù. Non gli basta fare l’attore, il regista, il poeta, il musicista, adesso fa anche il pittore. L’anno scorso a Londra ha dipinto animali obesi (“L’ho fatto per provocazione, perché nessuno dipinge animali brutti e grassi”), adesso alla Siegfried Contemporary di Gstaad fino al 26 febbraio mette in bella mostra gli uccelli degli orologi a cucù. Ma per “Koo Koo” , questo il titolo dell’installazione in uno chalet tutto in boiserie, James si concederà per una stretta di mano solo ai grandi collezionisti. Pronto il grande cheque.
@januariapiromal