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Turchia, ancora turisti nel mirino del jihad

Il 2015 ha sottolineato quanto i turisti (e il turismo) siano un bersaglio specifico del terrorismo attuale per portare a termine la propria strategia: diffondere terrore e destabilizzare gli obiettivi, colpendoli nei loro asset. L’anno appena trascorso ha visto infatti diversi attacchi che hanno coinvolto turisti o più in generale uomini e donne in viaggio.

In questa cornice, l’esplosione di questa mattina nel famoso quartiere Sultanahmet di Istanbul, che ha, per il momento, causato 10 vittime e 15 feriti tra i quali 9 cittadini tedeschi, un norvegese ed un sud coreano, è solo l’ultimo di una lunga catena di attacchi che hanno colpito gli strategici settori turistico e dei trasporti nel 2015.

La Turchia è la sesta destinazione turistica più popolare al mondo, dal 2002 al 2014 le sue visite sono aumentate del 200%, raggiungendo quasi i 40 milioni di visitatori, il turismo ha contribuito al pil turco per 34 miliardi di dollari nel 2014 e l’entità dei danni dell’attacco di questa mattina non tarderà a essere stimata. Tutto ciò con un impatto rilevante nei confronti di un Paese che, malgrado le sue ambiguità, è chiave nella lotta a Daesh e nel nuovo panorama geopolitico del Medio oriente.

In Tunisia, il 18 marzo 2015, pochi uomini armati di AK47 hanno fatto irruzione nel Museo del Bardo causando la morte di 24 persone, tra cui 21 turisti. Il 26 giugno 2015, a Sousse, sempre in Tunisia 38 turisti sulla spiaggia di un resort sono stati freddati come in un’esecuzione da uomini armati. Le previsioni del costo economico di questi attacchi sul settore turistico ammontano a 500 milioni di dollari, ¼ dei 2 miliardi di dollari incassati dal settore turistico nazionale nel 2014 (un calo del 25% circa).

In Egitto il turismo è una voce pesante nel bilancio nazionale e, senza contare i recenti attacchi al bus di turisti arabo-israeliani al Three Pyramids Hotel del Cairo (7 gennaio 2016) e al resort di Hurghada sul Mar Rosso (8 gennaio 2016) che ha causato il ferimento di due turisti austriaci e uno svedese, il solo abbattimento dell’aereo di linea russo (31 ottobre 2015) ha causato la morte di 224 passeggeri. E anche la sospensione dei voli russi e di altri internazionali, verso l’Egitto; un allarme sicurezza negli aeroporti su scala internazionale, con i relativi costi dovuti all’incremento delle misure di sicurezza; il rimpatrio di molte migliaia di turisti di cui 35000 russi; e una prevista riduzione delle entrate annuali garantite dal settore turistico al paese Nord africano del 10%. Introiti che nel 2014 si aggiravano intorno ai 7,2 miliardi di dollari.

Il 20 novembre 2015 un commando di 10 miliziani ha preso in ostaggio circa 170 persone presso il Luxury Hotel di Bamako, in Mali. Al termine delle operazioni di salvataggio, 19 persone hanno perso la vita: tutti viaggiatori presenti nell’albergo per motivi di lavoro. Questo attacco mette in luce un aspetto diverso: ad essere stati coinvolti dall’attentato sono stati uomini e donne che si trovavano nel Paese per affari/lavoro e quindi potenzialmente per garantire uno sviluppo dell’economia del Paese di provenienza e del Mali stesso. Non è facile in questo caso quantificare quanto possano costare, in termini mercati mancati, la diffidenza delle aziende estere a mantenere o aprire eventuali nuovi rapporti economici nella regione africana e quanto possano costare, in termini di protezione e garanzie, nuovi progetti di sviluppo.

Ma il terrorismo colpisce il turismo anche in maniera meno diretta, per esempio quando aumentano le spese delle compagnie che operano nei settori turistico e della logistica dovute alla gestione delle strutture colpite, prenotazioni, rimpatri, rimborsi ed eventuali delocalizzazioni, e le perdite delle quotazioni dei suddetti business nei mercati azionari. Sappiamo che il terrorismo mira a diffondere terrore e quest’ultimo potrebbe diventare panico nei volatili mercati finanziari, sconvolgendo le aspettative degli investitori: a seguito dei tragici eventi di Parigi dello scorso 13 novembre, gli hotel e i ristoranti parigini sono crollati del 30-40% rispetto i livelli dell’anno precedente, mentre le prenotazioni aeree sono scese del 27% nella settimana successiva all’attacco; altri cali per Air France (-6%), British Airways Iag (-3%), Eurotunnels Group (-3%); nel settore turistico per Accor (-4.7%), Tui (-4.2%), Thomas Cook (-4.8%), Hotelier Intercontinental Hotels Group (-1.2%). Il costo totale dell’attacco parigino alle compagnie europee turistiche e di trasporti è stimato da Stoxx Europe 600 Travel and Leisure Index in 2,6 miliardi di euro.

Da un punto di osservazione prettamente analitico, gli attentati che hanno visto coinvolte strutture turistiche sono perfettamente in linea con ciò che abbiamo definito “guerra ibrida”, ossia una guerra pervasiva, diffusa e delocalizzata che si pone l’obiettivo di diffondere il terrore e di aumentare la percezione di insicurezza a tal punto da condizionare le scelte di vita personali: il colpire soft target, come possono essere i turisti o i viaggiatori, anche in spazi “aperti” e quindi difficili da mettere in sicurezza, rende ancora più efficace il dilagare della paura che diventa virale nel momento in cui qualcuno è sopravvissuto all’attacco per raccontarlo e “contagiosa” quando si estende a tutti gli ambiti della vita dei singoli uomini.

A questa strategia operativa e comunicativa di Daesh, rivolta verso strutture turistiche e in generale viaggiatori, è necessario contrapporne un’altra, alla quale noi stessi stiamo lavorando con una sua task force, in grado di suggerire sia codici di comportamento in caso di necessità sia accorgimenti per gli operatori del settore al fine di ridurre i danni, anche economici, che gli attacchi possono causare al comparto turistico.

Da un lato, infatti, ci sono i viaggiatori che necessitano di essere informati circa i comportamenti più sicuri da adottare in riferimento alle proprie mete specifiche e in generale in caso di eventi critici durante il loro soggiorno. Dall’altro ci sono invece gli operatori del settore che, incorporando nel loro sistema specifici piani di gestione della crisi, devono contribuire alla costruzione di una strategia operativa e comunicativa che possa efficacemente fornire uno strumento alla gestione del rischio e contribuire a ricostruire la percezione di sicurezza dei viaggiatori.

Difendere il turismo, difendere la mobilità degli individui non è solo la difesa di un asset economico importante ma è, soprattutto, la riaffermazione di una libertà imprescindibile.