Società

Natale, il presepe non si tocca

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Il presepe non si tocca. Il Natale 2015 rimarrà nella memoria per le polemiche sull’opportunità di allestire nelle scuole la raffigurazione della nascita di Gesù, con Matteo Salvini vestito da re magio e Giorgia Meloni che nel “presepe partecipato” di Fratelli d’Italia ha inserito anche le statuette dei due marò.

Tutto ciò mentre il mondo del teatro piange la scomparsa di Luca De Filippo, interprete nella commedia “Natale in Casa Cupiello”, scritta dal padre Eduardo, di una celebre battuta del personaggio di Tommasino: “Nun me piace ‘o presepe”. Con Napoli, capitale mondiale della raffigurazione della natività, presa come ogni anno d’assalto dai turisti di tutto il globo che a San Gregorio Armeno possono ammirare le opere d’arte del maestro Marco Ferrigno, leader indiscusso dell’arte presepiale in rigoroso stile Settecento partenopeo.

Nella polemica è intervenuto anche il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin: “Io sono preoccupato per quelli che si tirano indietro rispetto alle celebrazioni natalizie, i simboli religiosi non offendono in alcun modo i membri delle altre religioni”. Dichiarazione che il porporato ha fatto non a caso proprio davanti al presepe a grandezza naturale benedetto durante la sua visita ai tossicodipendenti ospiti del Centro italiano di solidarietà don Mario Picchi a Roma. E c’è chi ha evocato il Papa emerito Benedetto XVI che nella sua trilogia sul Gesù di Nazaret arriva perfino a esiliare il bue e l’asinello dalla grotta di Betlemme: “Nel Vangelo non si parla di animali”.

Ma al di là di polemiche più o meno politiche, strumentali, sterili o puerili, il presepe continua ad affascinare diverse generazioni in un misto di arte, sacro, profano e persino di scaramanzia. Nel mondo del sughero e della terracotta è ambientato il racconto del giornalista del Mattino Marco Perillo intitolato Il sogno di Natale (Alessandro Polidoro Editore) dove l’autore immagina di vivere nella rappresentazione della natività potendo così ridare voce al nonno ormai scomparso. “Un brulicare di gente e di anime, – scrive Perillo – questo presepe. E questo popolo di pastori non siamo altro che noi; noi napoletani. Da sempre ci siamo raffigurati borghesi, ubriaconi, rustici, devoti. Abbiamo reso noi il presepe come la nostra città: con le nostre stesse botteghe, le nostre facce, le nostre paure, i nostri vizi, la nostra pietà. Tra pezzi di sughero e colonne spezzate di templi, siamo rimasti pagani. Il presepe è il nostro vero specchio; il nostro doppio d’identità”.

Parole che rievocano la filosofia che Eduardo sottese alla sua commedia con il protagonista Luca Cupiello che preferisce la fantasia della sua rappresentazione sacra alla drammatica realtà della vita. Una fuga dal tempo e dai problemi per ritrovarsi tra viuzze e cascate, quasi come un anestetico di una quotidianità dalla quale purtroppo non si può fuggire.

Nemmeno Papa Francesco ha mancato di far sentire la sua voce in merito. “Il presepe – ha affermato Bergoglio – ci dice che Dio non si impone mai con la forza. Per salvarci, non ha cambiato la storia compiendo un miracolo grandioso. È invece venuto con tutta semplicità, umiltà, mitezza. Dio non ama le imponenti rivoluzioni dei potenti della storia, e non utilizza la bacchetta magica per cambiare le situazioni. Si fa invece piccolo, si fa bambino, per attirarci con amore, per toccare i nostri cuori con la sua bontà umile; per scuotere, con la sua povertà, quanti si affannano ad accumulare i falsi tesori di questo mondo. Queste – ha aggiunto il Papa – erano anche le intenzioni di san Francesco, quando inventò il presepe. Egli, ci dicono le Fonti Francescane, desiderava ‘fare memoria di quel bambino che è nato a Betlemme’, per poter ‘in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato’. In quella scena, infatti, ‘si onora la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà'”.

E proprio per proseguire questa missione didattica che san Francesco affidò al presepe vivente di Greccio nella notte di Natale del 1223, nel Giubileo della misericordia la Libreria Editrice Vaticana ha voluto realizzare un album per ragazzi dal titolo “Colora l’Anno Santo”. Testi di don Giuseppe Merola e disegni di Fillippo Sassoli per accompagnare i bambini di oggi alla scoperta delle loro radici.