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Salva banche, dal governo dopo il danno la beffa: arbitro sui risarcimenti la Consob che non ha vigilato sui bond rischiosi

Intanto il direttore generale di Bankitalia difende il governatore Visco rivendicando che “le crisi bancarie in Italia sono state una frazione rispetto a quanto accaduto in Spagna, Germania, Francia e Olanda”. Ma solo perché gli altri hanno giocato d'anticipo. La Ue chiude a risarcimenti da parte dello Stato: "Non è una crisi umanitaria"

Al danno provocato a obbligazionisti e azionisti di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti il governo Renzi vuole aggiungere ora anche la beffa. Secondo indiscrezioni, l’emendamento che il governo presenterà oggi in commissione Bilancio alla Camera per istituire un fondo di solidarietà a favore dei risparmiatori truffati dai quattro istituti prevede il coinvolgimento diretto della Consob nel ruolo di arbitro, chiamato a valutare caso per caso se i titoli sono stati collocati o meno in modo fraudolento. Cioè si affiderebbe il ruolo di arbitro proprio all’authority che avrebbe dovuto vigilare sulle modalità con cui sono state collocate azioni e obbligazioni subordinate e non l’ha fatto e che proprio per questo rischia di doverne rispondere sia in sede civile che penale. Un vero “capolavoro”.

Ma non basta: il governo potrebbe essere costretto a fare subito marcia indietro, visto che da Bruxelles fanno presente che non è ammissibile che i risparmiatori traditi vengano risarciti dallo Stato (il fondo, che avrebbe una dotazione iniziale di circa 80 milioni, conterebbe su 40 milioni di contributo statale) e osservano che il fallimento di una banca e le perdite subìte dagli obbligazionisti non possono essere considerate una “crisi umanitaria come quelle provocate da alluvioni o altri disastri”. Una bocciatura preventiva, insomma, da parte della Commissione Ue, che invita l’Italia a seguire la strada già utilizzata con successo da altri Paesi in casi analoghi. Il riferimento è alla Spagna, che non ha utilizzato fondi pubblici per rimborsare i risparmiatori truffati, ma ha istituito appunto un arbitro terzo e indipendente anche rispetto alle autorità di controllo.

Intanto, il direttore generale della Banca d’Italia, nonché presidente dell’Ivass Salvatore Rossi è intervenuto in difesa del governatore Ignazio Visco sostenendo che Via Nazionale non ha alcun potere di “vietare la vendita di obbligazioni subordinate agli sportelli” e ha ricordato che “a vigilare sulla sollecitazione al risparmio è un’altra Autorità”. Cioè la Consob, appunto, la quale dal canto suo si limita a ribadire che nei prospetti sono riportati con evidenza i rischi e che nel dicembre 2014 mise in guardia le banche sul collocamento di prodotti finanziari complessi, comprese le obbligazioni subordinate. Un po’ poco, tanto più che del cosiddetto bail-in se ne parlava già da almeno tre anni e che in tutto quel periodo la commissione guidata da Giuseppe Vegas si è ben guardata dall’accertarsi a chi e come venissero vendute le obbligazioni subordinate.

Quanto alle banche, Rossi è arrivato al paradosso di sostenere che “i risultati della Vigilanza vanno misurati sull’intero sistema”, sottolineando che “il numero e la dimensione delle crisi bancarie in Italia sono state una frazione rispetto a quanto accaduto in Spagna, Germania, Francia e Olanda”. Paradosso perché mentre gli altri Paesi – come è stato costretto ad ammettere lo stesso Rossi – hanno giocato d’anticipo utilizzando per la risoluzione delle crisi anche fondi europei (solo Madrid ne ha utilizzati 60 miliardi, di cui 8 forniti dalla stessa Italia), noi non abbiamo fatto nulla, con il risultato che oggi ci troviamo con una zavorra di oltre 200 miliardi di sofferenze, quattro banche sostanzialmente fallite, due – Veneto Banca e Popolare Vicenza – in condizioni disastrate e tante altre sull’orlo del burrone. E la colpa di questo non è certo solo la crisi, ma soprattutto le modalità clientelari con cui si eroga il credito in Italia e la totale assenza di controlli, persino nei cosiddetti campioni nazionali, come di recente ha mostrato il caso UnicreditPalenzona.

Per i risparmiatori truffati, la via maestra per ottenere giustizia e risarcimenti non passa da un fondo istituito in fretta e furia e largamente incapiente, ma dai tribunali e dalle cause collettive che le associazioni dei consumatori stanno preparando e che inevitabilmente chiameranno in causa le autorità di controllo.

Mentre le quattro neo-banche, ripulite dalle sofferenze, chiedono invano fiducia alla clientela (si moltiplicano le voci di corsa agli sportelli, con centinaia di clienti che chiudono i conti e cambiano istituto), da Bene Vagienna arriva una buona notizia: un cliente e socio da lunga data della locale banca di credito cooperativo è riuscito a rientrare in possesso dei suoi averi grazie all’intervento del Comitato SvegliamociBene. La storia è interessante perché il socio, deluso dal comportamento della banca in seguito all’insediamento del commissario, aveva chiuso i conti e chiesto di recedere dalla compagine sociale. La banca ha tergiversato per mesi, contravvenendo ai principi di correttezza e di buona fede, ma alla fine – grazie all’intervento del team legale del comitato – ha dovuto adempiere al suo dovere. Altre azioni sono state avviate dal Comitato che ha altresì allo studio una class action contro il commissario e la Banca d’Italia.