Economia & Lobby

Politica industriale: su export probabilistico e trionfo del ‘terzismo’

Laboratori Nazionali del Gran Sasso 640

Afferrare il carattere ‘probabilistico’ della nostra esportazione manifatturiera è cosa essenziale. Questo significa che eventuali nuovi accadimenti (per esempio le stampanti 3D) possono incidere pesantemente sulle future evoluzioni di questo settore. E a questo fine l’Italia necessita di leggi per una maggiore penetrazione dell’export, altrimenti potrebbero verificarsi fatti ancora più negativi.

Ma torniamo a ragionare del presente.
Credo che non ci sia lettore discorde: l’Italia è campione mondiale (esagerazione letteraria, ovviamente) del ‘terzismo’, della ‘subfornitura’. La manifattura italiana che esporta è, nella buona sostanza, fatta di prodotti costruiti su disegno e richieste da aziende estere. Niente a che fare con il nostro ‘estro’, la nostra ‘fantasia’, il nostro ‘made-in-Italy’.
Di più: la modesta disponibilità media di capitali delle nostre imprese (Pmi = capitali famigliari) determina, per ovvie ragioni, l’orientamento a fabbricare prodotti a breve ciclo produttivo, a modesto valore aggiunto. Per l’appunto, ‘semiprodotti’.

Ricordo l’esperienza che ebbi la possibilità di fare in Germania e in Svezia nella prima parte della mia carriera professionale.
Fu in quei Paesi che imparai la sigla Oem: Original Equipment Manufacturer. In parole brevi, produttore di prodotti rappresentabili a catalogo o a listino (oltre, beninteso, impianti macro – dighe, complessi, strade, ecc.ecc. che non prendo in considerazione data la tematica Pmi che stiamo trattando). Adotteremo tale sigla per i prossimi nostri incontri.
Oem è quel produttore che progetta, industrializza, assembla e vende la motocicletta: coloro che producono elementi compositivi per motociclette su disegno di un produttore Oem di motociclette sono ‘subfornitori’ o ‘terzisti’ (in inglese SSM – Sub Supply Manufacturer).
La ‘linea’ di strategia nazionale svedese (marketing strategico) punta con grande determinazione a conquistare businesses nella direzione degli Oem: si tratta di un vero e proprio ‘must’. E il ragionamento alla base di questo orientamento strategico è uno solo e trae origine da una consapevolezza molto chiara, attinente all’impostazione dell’economia manifatturiera svedese orientata al massimo profitto con il minimo impegno.
Se me lo consentite, è proprio la sconfitta lacerante del concetto di ‘esportazione stocastica, probabilistica’.

Dicono gli svedesi, in parole brevi e semplici: se tu produci una biella, una ruota, un freno (SSM) da realizzarsi su disegno del cliente (Oem) produttore di motociclette, il tuo destino è quello di ‘fare un’offerta’ sulla base della quale e dopo trattativa commerciale acquisire un ordine per realizzare quella biella, quella ruota, quel freno. Sarai posto a confronto con altre offerte, non solo. Il ‘buyer’ della ditta cliente Oem ti sottoporrà a saltuarie verifiche sia relative alla ‘qualità’ del prodotto che fornirai e, molto più spinosa, alla verifica delle condizioni commerciali di prezzo e di termine di pagamento, perché questo Oem appartiene alla schiera dei clienti meno fedeli e meno fidelizzabili esistenti, per sua esigenza economica e per dimensione di solito straripante rispetto a te, ’subfornitore’ SSM. Il suo potere contrattuale è normalmente molto più elevato del tuo.

Se tu, invece, produci la motocicletta (Oem), il quadro cambia radicalmente: avrai un numero limitato di ‘grandi clienti’ compratori di grandi quantità di motociclette e un numero altissimo di clienti che acquisteranno una sola motocicletta ciascuno. Nel primo caso dovrai sottoporre offerta e, anche se il confronto dei poteri contrattuali (quelli che determinano la forza o la debolezza del prezzo d’offerta) non è così scassato nei tuoi confronti come nel caso precedente, sarai sottoposto a confronto e a trattative che incideranno sul livello finale del prezzo per il quale assumerai l’ordine o lo perderai. Nell’altro caso non ti sarà richiesto di fare offerta alcuna: dovrai fissare un ‘prezzo’ per il tuo prodotto e dovrai attivare una campagna per effettuare la vendita che, in questo caso, ha come controparte un singolo individuo, il cosiddetto ‘end-user’ (utilizzatore finale’).

Di questi due ‘sbocchi di mercato’ (débouchets, alla francese) quello decisamente più importante è il secondo: quello che sfocia nell’ ‘end-user’. Con il quale il linguaggio e la tecnica di marketing/vendita cambiano in modo drastico, non vivono di offerte sottoposte a controllo periodico, e, udite udite, si possono avvalere di due strumenti potentissimi per realizzare buone e lucrose vendite: il ‘mercato-mondo’ e ‘gli strumenti pubblicitari’ (Promozioni, televisione, stampa, ecc.ecc.). Nel rapporto con il cosiddetto ‘end-user’, la vendita del prodotto avviene quasi sempre in modo prevalente da una scelta ‘emozionale’ non tecnica e non confrontabile tecnicamente. Come esempio valga la procedura d’acquisto di un’automobile: nessuno controlla di quale acciaio è fatto l’albero a gomito o la sede valvola del motore o di quale lega è fatto il pistone. Quando si acquista un’auto si acquistano prevalentemente due cose: la carrozzeria e l’immagine che il produttore, avvalendosi dei mezzi pubblicitari più ampi, è stato capace di realizzare in modo da stuzzicare il tuo interesse e la tua suggestione.

Gli svedesi sono obbligati a questa scelta perché sono pochi, è inutile scannarsi a fare prodotti in subfornitura. Inoltre hanno una tradizione culturale aziendalistica di lungo periodo e ben sviluppata sulle linee razionali delle tecniche di marketing (carenza fortissima nelle nostre PMI). Ma allo stesso modo ragionano i tedeschi, che sono invece dieci volte gli svedesi come popolazione: in questo caso la molla che li spinge in questa direzione è costituita dalla chiara consapevolezza che è proprio nel ‘prodotto finito’, quello che si può rappresentare con un listino prezzi, con un catalogo, quello degli Oem, che si annida il più corposo e duraturo ‘profitto primario’. E perché il ‘prodotto finito’ è facilmente rinnovabile, migliorabile, in un processo di difesa competitiva più facile rispetto ad un prodotto da ‘subfornitura’.

Come potete vedere, l’argomento è serio, concreto e importantissimo e dobbiamo approfondirlo. Si dice che ‘il diavolo fa le pentole ma non i coperchi’. Beh, almeno nel caso ‘manifatturiero Italia’ non è vero, ha fatto anche i coperchi: e che coperchi!