Musica

Battiato emoziona ma non si migliora. ‘Le nostre anime’ non è un capolavoro

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Le nostre anime è il nuovo singolo di Franco Battiato, dal 16 ottobre in radio. Il brano precede e dà il nome all’antologia di prossima uscita (6 novembre 2015), un cofanetto contenente, nella versione estesa, buona parte della produzione, sia musicale che cinematografica, dell’artista siciliano.

Partiamo subito dalle reazioni, non particolarmente entusiastiche, che da subito si sono registrate nei gruppi Facebook dedicati al maestro catanese: c’è chi rileva una sorta di auto-plagio di brani come Caffè de la Paix (brano col quale Le nostre anime condivide solo l’impianto metrico in 6/8 e, vagamente, la melodia per arpeggi tracciata nella strofa dal pianoforte), chi invece non trova il brano per nulla ispirato e chi, infine, avrebbe preferito sentire un Battiato più ‘cantante’ che ‘parlante’. Ci sono poi, ovviamente, le reazioni positive, quelle che ravvisano nel nuovo singolo di Battiato una nuova perla musicale.

Al netto però delle varie impressioni, quello che, fin dal primissimo ascolto del brano, risulta evidente, è che il Battiato di Le nostre anime è, grossomodo, il medesimo già conosciuto in Apriti sesamo (Universal, 2012), e in particolar modo in brani come Testamento. Sia lì che qui infatti l’introduzione è di tipo cameristico, e il tutto, in quest’ultimo brano, risulta interessante grazie anche alla scelta di far sentire i respiri e i rumori ambientali. Peccato dunque per la voce dell’autore che, con un’intonazione incerta e un filtro oltremodo presente, va quasi a disturbare il breve passaggio introduttivo.

Altro elemento di disturbo risulta poi quello stacco, eccessivamente violento e diremmo per nulla calibrato, con cui l’autore, dopo la brevissima introduzione, dà inizio al brano vero e proprio: una modulazione improvvisa ed eccessiva che, colpo ferendo, introduce batteria, basso e una serie di veloci arpeggi al pianoforte che, riportando nuovamente ad Apriti sesamo, rimandano a una dimensione tragicamente quadrata, ‘computerizzata’ e, in ultima analisi, molto poco poetica.

Elemento di pregio di questo nuovo brano di Battiato sono invece le parole: dopo un ventennio firmato Sgalambro, il musicista siciliano torna a essere la firma unica di un testo che, a dispetto della musica, potremmo dire veramente ispirato. Il tragitto di due anime che, dopo essersi separate a causa di errori di gioventù e dopo reciproci cammini di purificazione, si ritrovano in vecchiaia preparandosi al passaggio verso altre esistenze, verso dimensioni e vite prive di dolore. Nuovi mondi, insomma, che, come spesso nella poetica dell’eclettico musicista catanese, vivono nella pace e nell’amore. Un amore gridato sul finire del brano, un urlo di quelli rari nella discografia del catanese e che va qui a significare il desiderio, forte, di andare finalmente verso altre e più alte forme di vita.

Al netto però delle considerazioni prettamente poetiche, quello che, musicalmente parlando, ci viene da pensare è che Battiato non goda più di quel grande intuito per la melodia che ha caratterizzato larga parte della sua produzione: dei suoi brani, e non solo di quelli più famosi, ognuno può ben rammentare e intonare, partendo dagli esordi e a salire fino a X Stratagemmi (e anche poco oltre), linee melodiche dal grande impatto comunicativo, fraseggi unici e di grande immediatezza. Penso dunque, per non andare troppo indietro e restare prossimi alle ultime uscite discografiche, a brani come Vite parallele (Gommalacca, 1998), Tra sesso e castità (Dieci stratagemmi, 2004), Niente è come sembra (Il vuoto, 2007) e diversi altri: brani che godono di temi incisivi, oltre che decisivi.

Vero è che il musicista siciliano ha sempre disatteso il proprio pubblico, spiazzando e lasciando sistematicamente, album dopo album, i propri fan a bocca asciutta. Vero è anche il fatto che primissime reazioni irte d’insoddisfazione hanno spesso lasciato posto, lungo la sterminata discografia del nostro, ad apprezzamenti e considerazioni più che positive. Basti pensare, ad esempio, a quell’Inneres auge (2009) che, appena uscito, trovò ben pochi apprezzamenti e che invece, specie a partire dal seguente tour e dunque dalle esecuzioni live del brano-invettiva contro il malcostume politico, iniziò a riscuotere sempre maggiori consensi, fino a divenire uno degli ultimi brani-bandiera del musicista catanese.

Dunque, per intenderci e non risultare eccessivamente duri con l’ultimo brano di Battiato, occorre, in conclusione, aggiungere alcune, debite, osservazioni. Le nostre anime risulta essere un brano molto ben pensato a livello formale, con ottimi arrangiamenti (che si avvalgono anche delle sezioni d’archi della Royal Philarmonic Orchestra di Londra) e in grado, sul finale, di emozionare laddove, con una passione quasi inedita al nostro, il canto (raro in questo brano dove la voce, più che cantare, parla) si lancia in una sublime dichiarazione d’amore, un amore desiderato, cercato, fortemente voluto. Dobbiamo però fare i conti con la fin troppo evidente mancanza d’ispirazione in una pagina musicale che, al netto delle considerazioni poetico-letterarie, non aggiunge nulla al catalogo del grande musicista siciliano.

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