Media & Regime

Pirateria: da Gramsci a Lessig, tutto ciò che non possiamo più leggere in rete grazie ad Agcom

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Il regolamento Agcom sul web non ferma la pirateria, ma le opere legali sì, e le inibisce agli utenti italiani. E non è tutto perché tra i libri inibiti ci sono anche i testi liberamente disponibili sul web di critica alla stessa Autorità.

L’Agcom ad esempio il 28 luglio, su richiesta della Sony, della Warner e della Universal Music, ha inibito l’accesso ad un sito web, che consente attraverso il peer-to-peer (P2P) la distribuzione e la condivisione di file su Internet. Su quel sito però ci sono milioni di file, e come appare dalle considerazioni che seguono, molti sono del tutto leciti. E così è accaduto su molti altri siti per i quali l’Agcom ha disposto il blocco per i cittadini italiani.

I libri del filosofo Gramsci, ad esempio, che sono oggi (a partire dal 2007) di pubblico dominio (ovvero non c’è più bisogno di chiedere l’autorizzazione a nessuno per pubblicarli e consultarli), non sono più visibili (anche qui) sui portali inibiti dall’Agcom, e così i testi ed i discorsi di Larry Lessig (il candidato indipendente dem alla Casa Bianca e inventore del Creative Commons) sulla Cultura.

I documentari sulla vita di Edward Snowden anch’essi sono inaccessibili su un altro dei siti inibiti ai cittadini italiani (anche se in quel caso potrebbe sorgere un problema di bilanciamento tra diritti proprietari).

Tra i testi inaccessibili per i cittadini italiani, su altri siti inibiti dall’Agcom, vi sono anche lo studio del docente dell’Università di Padova sull’effettività delle procedure Agcom, e anche – bontà dell’Autorità – l’ebook scritto a quattro mani da me e Bruno Saetta, sui costi e l’efficacia della macchina burocratica dedicata a svolgere queste attività.

Si tratta di testi rilasciati in creative commons, ovvero nella modalità destinata espressamente alla circolazione libera e gratuita. Sono in altre parole contenuti del tutto legali, che rispettano tutti i diritti d’autore. Dunque il sottoscritto, fra gli altri, come autore, e la collettività si vedono privare dall’Autorità del diritto di far circolare liberamente le proprie opere e di potersi informare in maniera indipendente, limitando gravemente il diritto alla libera manifestazione del pensiero ed il pluralismo informativo.

Tutto ciò, senza potersi difendere, perché l’Agcom non informa né coinvolge i titolari dei diritti di altre opere presenti sul portale, che avrebbero tutto l’interesse invece a far circolare le proprie opere. E’ stato consentito in altre parole ad Agcom di poter oscurare siti senza le necessarie garanzie giurisdizionali comprimendo le libertà di cui all’art. 21 Cost., con il rischio di offrire ad una Autorità amministrativa la potestà di selezionare i contenuti diffusi in rete e di creare un filtro preventivo generalizzato che lede il pluralismo informativo e la libertà di informazione.

Eppure, tutti i provvedimenti dei giudici comunitari, nonché il buonsenso, vogliono che l’eventuale rimozione di siti o di contenuti (che deve avvenire, si ricordi per ordine di un giudice) debba riguardare solo le opere illegali, non quelle perfettamente legali, che sono all’interno di un portale, e ciò, a prescindere dal fatto che ce ne siano una, mille, o un milione, o che vi siano anche file illeciti.

Il blocco all’accesso per i cittadini italiani dell’Agcom, anche se sotto forma di danno collaterale, costituisce senz’altro una forma di censura e rappresenta una applicazione oscura della facoltà di limitare il diritto di informare ed essere informati mediante il mezzo diffusivo oggi più accessibile.

Ecco perché il regolamento Agcom è stato definito in grado di violare i diritti civili ed umani sul web, come già ricordato dal Rapporteur sui diritti d’espressione dell’Onu [1], secondo cui “although Agcom may by law apply some limitations on online content, the removal of online content should be decided by the Court on a case-by-case basis. In particular, he believes that in no case should the contents of an online newspaper be censored”.

La domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi a questo punto è: la nostra democrazia, unico esempio al mondo, con l’eccezione di Turchia, Pakistan e Cina, può tollerare la censura amministrativa dell’informazione su Internet?

[1] Report of the Special Rapporteur on the promotion and protection of the right to freedom of opinion and expression, Mr. Frank La Rue – Addendum – Mission to Italy from 11 to 18 November 2013 in aphochr.org,; sul punto leggete qui.