Emilia Romagna

Sisma Emilia, casa demolita anche se intatta: a processo il sindaco di Cavezzo e tre vigili del fuoco

Il gup Teresa Magno ha fissato la data del processo per il prossimo 14 gennaio per l’ex primo cittadino in quota Pd Stefano Draghetti, il caposquadra esperto e coordinatore del Gruppo operativo speciale di Belluno Massimo Bortot, il comandante del Comando operativo avanzato di San Prospero Michele De Vincentis e il direttore generale e Comandante del Cratere Giovanni Nanni

Falso ideologico e omissione d’atti d’ufficio. Con queste accuse sono stati rinviati a giudizio l’ex sindaco di Cavezzo in quota Pd, Stefano Draghetti, e i vigili del fuoco Massimo Bortot, caposquadra esperto e coordinatore del Gruppo operativo speciale di Belluno, Michele De Vincentis, comandante del Comando operativo avanzato di San Prospero, e Giovanni Nanni, direttore generale e Comandante del Cratere. Imputati di una demolizione che, secondo la procura di Modena, “non si doveva fare”. Quella di Palazzo Paltrinieri, a Cavezzo, nel modenese, abbattuto il 7 giugno del 2012, appena qualche giorno dopo i terremoti di quell’anno, all’insaputa dei proprietari, sfollati assieme a gran parte della popolazione in seguito alle scosse che avevano devastato l’Emilia Romagna. Il 28 settembre si è tenuta l’udienza preliminare davanti al gup Teresa Magno, che ha fissato la data del processo per il prossimo 14 gennaio: per Draghetti, firmatario dell’ordinanza che diede il via alla demolizione dell’edificio, l’accusa è di falso ideologico in un atto pubblico, mentre Bortot dovrà rispondere davanti al giudice di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale. Per quanto riguarda i due vigili del fuoco, Nanni e De Vincentis, sono invece imputati di omissione d’atti d’ufficio, “per non aver dato risposta – spiega l’avvocato Nicoletta Tietto, legale dei proprietari del palazzo – alla richiesta di documentazione da noi avanzata”.

Secondo la famiglia Paltrinieri, che in udienza preliminare si è costituita parte civile, in tutto 10 persone tra proprietari dello stabile e residenti, rappresentati dagli avvocati Tietto e Maria Cecilia Ferraresi, come secondo la Procura, infatti, l’edificio poteva essere recuperato. E tuttavia, l’8 giugno del 2012 l’allora sindaco di Cavezzo decise di apporre la sua firma a un’ordinanza di demolizione, autorizzando una squadra di vigili a buttare giù l’edificio. Un via libera concesso all’insaputa dei proprietari, che seppero dell’abbattimento della loro casa guardando le immagini del telegiornale. “L’ordinanza, peraltro – spiega Tietto – era anche post datata, perché un servizio giornalistico dimostra che la demolizione era già in corso un giorno prima degli atti amministrativi. A quel punto, il Comune poteva dichiarare che era stato commesso un errore, o produrre un apparato documentale per dire che era stato tutto legittimo. Hanno scelto la seconda strada, e ora si andrà a processo”.

Per quasi un anno alla famiglia fu negata la possibilità di recuperare le macerie del palazzo, e quando finalmente il via libera arrivò, nulla era più recuperabile di ciò che un tempo l’abitazione custodiva: mobili, fotografie, abiti, suppellettili. E per via dell’ordinanza comunale, i proprietari di Palazzo Paltrinieri avevano rischiato anche di perdere la possibilità di accedere ai rimborsi stanziati dallo Stato in seguito al terremoto. “La demolizione è avvenuta senza alcun verbale”, spiega la famiglia. Accuse respinte dai legali degli imputati, “si è voluto montare un caso penale sul nulla”, commenta Massimiliano Paniz, avvocato di Massimo Bortot. Ma i Paltrinieri sono fiduciosi: “Speriamo che dopo tre anni sia finalmente fatta giustizia – racconta Alessio Bondi, figlio di Rosaria Paltrinieri, tra i proprietari del palazzo – purtroppo i nostri ricordi sono andati perduti, ma è giusto che chi ha sbagliato paghi”.