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Ferrovie dello Stato, i dolori dei pendolari causati dal monopolio Regioni – Fs

Una volta i governatori protestavano per i disservizi sofferti dai viaggiatori. Ora non più: fanno società miste con le Ferrovie per dividere affari e guadagni

Il caso limite è in Sardegna, dove la Regione autonoma ha pensato di mettere una pezza al deludente servizio di Trenitalia andando in giro per il mondo a comprarsi un treno più veloce, e si è messa nei guai. Ma è tutto il sistema ferroviario regionale, quello dei pendolari, che si sta avvitando in una spirale di cui un giorno conteremo i danni. Troppo tardi, secondo il costume nazionale. Mentre si blatera di liberalizzazione e mercato come sante medicine in grado di ridare efficienza ai trasporti pubblici, Regioni e le Fs stanno blindando un nuovo monopolio fondato sull’alleanza tra il colosso statale e il ceto politico locale.

Nel 2008 il governatore sardo Renato Soru – oggi europarlamentare e segretario regionale del Pd – annunciò la sua idea geniale. Visto che per fare i 257 chilometri di treno tra Cagliari e Sassari si impiegavano non meno di tre ore, causa curve e salite da ferrovia andina, decise di comprare un treno spagnolo tipo “pendolino” che, piegandosi in curva come una moto, avrebbe impiegato meno di due ore. Furono spesi 78 milioni di euro per otto nuovi convogli di tre carrozze. L’attuale governatore Francesco Pigliaru l’anno scorso si è insediato e ha scoperto che nessuno si era preoccupato di chiedere l’omologazione all’Agenzia per la sicurezza ferroviaria, procedura complessa e necessaria, visto che un treno non è una Panda. A sette anni dall’annuncio di Soru, l’Agenzia darà l’omologazione nei prossimi giorni ma con il divieto di piegare in curva. A dicembre il nuovo treno entrerà in servizio esattamente alla stessa velocità dei treni vecchi. L’assessore ai Trasporti Massimo Deiana ha scoperto che per andare più forte bisogna aspettare che la rete Fs investa 50 milioni sul segnalamento elettronico. Ci vorranno almeno un paio d’anni, se Rfi fa alla svelta.

Se ne sono accorti ora, dopo sette anni. La Regione compra i treni senza farli scegliere a Trenitalia che li deve gestire (e che magari riusciva anche a pagarli meno). Trenitalia, che non ha gradito l’alzata d’ingegno di Soru, fa spallucce: “Il cliente è libero di scegliersi il treno che vuole”. Però Regione e Trenitalia litigano sui costi di gestione del nuovo treno. Per farlo correre il monopolista chiede un tanto a chilometro e Pigliaru, visto che la sua amministrazione ha scelto il treno, deve pagare. Non ha alternative. Il tentativo di chiedere a Ntv, la società di Italo, di andare in Sardegna a sostituirsi a Trenitalia non ha sortito risultati apprezzabili.

E questo sarebbe un mercato? Così pensa il numero uno delle Fs Michele Elia. Ogni anno le Regioni gli versano 1,9 miliardi per pagare i treni dei pendolari. Guai a dire che è una sovvenzione, si offendono. Lo chiamano mercato perché c’è un cliente, la Regione, che chiede un servizio, e una società molto aperta alla competizione, le Fs, che se lo fa pagare. Almeno fino a un certo punto c’è stata una vivace dialettica cliente-fornitore, di cui è simbolo il governatore della Toscana Enrico Rossi con la sua icastica dichiarazione dell’8 novembre 2013: “Trenitalia mi ha rotto le palle”.

Ma adesso sta cambiando tutto. L’idea che il trasporto ferroviario regionale debba essere messo a gara è un puro mito metropolitano: nel 2009 il governo Berlusconi ha cancellato ogni obbligo. E le regioni hanno cambiato strategia. Visto che lo Stato centrale lesinava i finanziamenti e che Trenitalia usava la posizione di forza per fare i comodi suoi, sono entrate nel business.

In Emilia Romagna la regione con una mano ha bandito la gara (per ben 22 anni) – non è obbligatorio ma non è nemmeno vietato – e con l’altra ha fatto un accordo con Trenitalia per vincere la gara insieme, formando una nuova società alla quale partecipa Tper, la società regionale. Di Tper fa parte Fer, la società che gestisce alcune tratte ferroviarie locali ma è anche stazione appaltante. Insomma, Fer bandisce la gara e la vince. Un capolavoro della liberalizzazione, benedetto da una sentenza della Cassazione che nega il conflitto d’interesse laddove – leggete bene – la società vincitrice sia solo partecipata e non totalmente posseduta dalla stazione appaltante. Fatto: c’erano due società ferroviarie in Emilia Romagna, Trenitalia e Fer, adesso ce n’è una sola.

In Lombardia sono andati ancora più dritti. A fine 2014 il governatore Roberto Maroni ha affidato senza gara a Trenord il servizio ferroviario regionale per i prossimi cinque anni. Trenord è nata dalla fusione di Trenitalia e Ferrovie Nord, che era della regione. C’erano due società ferroviarie, adesso ce n’è una sola. In Piemonte il governatore Sergio Chiamparino ha affidato senza gara le linee del nodo metropolitano torinese (fino al 2029!) a una società mista tra Trenitalia e la regionale Gtt. Si noti che i sindacati piemontesi hanno scioperato, accusando Chiamparino di eccesso di mercatismo.

Risultato finale. Trenitalia ha appena annunciato una maxi-gara da 4,5 miliardi per l’acquisto di 500 nuovi treni per i pendolari. Naturalmente pagano le regioni, i clienti, quindi Elia lo chiama autofinanziamento. Solo che le regioni non contratteranno più a brutto muso con Fs, perché – se per caso (ipotesi puramente teorica) il monopolista pubblico facesse gli interessi suoi più che dei pendolari – dividerebbe il bottino con le regioni stesse. Insomma, zitte zitte le caste politiche locali stanno estendendo i tentacoli delle loro presenze affaristiche, alla faccia di quelli (e molti ministri tra loro) che invocano una sforbiciata all’opaco mondo delle municipalizzate.

da Il Fatto Quotidiano del 16 settembre 2015