Politica

Matteo Renzi e il senso per il ridicolo (tra viaggi a New York e tricolori al contrario)

C’è aria di leggenda, ed è sempre così del resto quando si parla di Renzi. Fino a un anno fa ripeteva – e qualcuno gli credeva pure – che lui non avrebbe rinunciato alla bicicletta mentre avrebbe rinunciato alle auto blu e agli sperperi del potere. E’ stato, come sempre, di parola: viaggio con l’aereo di Stato fino a New York per vedere una partita di tennis (150mila euro e più di soldi pubblici), voli di Stato usati anche quando va in vacanza, l’elicottero per tornare a casa nei weekend, un super-jet in affitto da un milione d’euro a settimana (vamos), spese di sondaggi triplicate a Palazzo Chigi da quando c’è lui. Un uomo coerente.

Ma il massimo è la narrazione del suo viaggio a New York. La stampa fascistissima, ops renzissima, si è scatenata. Per carità, capisco che guardare la partita su Deejay Tv e sorbirsi la telecronaca allegramente improponibile di tal Benzi fosse per Renzi (e non solo per lui) una prospettiva poco allettante, ma c’era pur sempre Eurosport. Renzi, ovviamente, è andato lì non per Pennetta e Vinci, che avrà visto giocare mezza volta e per sbaglio mentre cercava in tivù le repliche di Bim Bum Bam (uno dei programmi che più lo hanno formato culturalmente insieme a Mila e Shiro), ma per appropriarsi di una vittoria altrui e per scappare dalle beghe interne (Michele Emiliano alla Fiera del Levante di Bari) ed esterne (il pulviscolo alfaniano che fa le bizze).

Giornali e tivù hanno parlato comicamente di “lungo applauso, quasi un’ovazione”, grida di giubilo “ed è subito show, tra selfie, sorrisi, strette di mano, palline da tennis autografate”. Come no. Pare anche che Billie Jean King, verosimilmente ubriaca o comprensibilmente rincitrullita, lo abbia definito “affascinante e socievole” (“socievole”: praticamente un cocker). Sontuosi anche i racconti secondo cui, quando è apparso inquadrato sul maxischermo, lo stadio sia esploso di gioia. Può essere, ma pare più verosimile che molti nell’Arthur Ashe Stadium si siano chiesti: “Ma chi è quel bischero, con la faccia un po’ da capodoglio ilare, accanto a Michael Douglas e Robert Redford?”

L’effetto tragicomico attuale è reso parossistico dallo sferico Filippo Sensi, quello che gli cura l’immagine (complimenti) e che lavora per deliziarci su Twitter con scatti – impreziositi da mirabili effetto-seppia tipo Istituto Luce – mentre guarda verso l’alto con aria goffo-mistica oppure, nel profilo ufficiale del Presidente del Consiglio (sic), intento a mostrare con Vinci e Pennetta il tricolore al contrario (Matteo non lo fa apposta: è proprio così di natura). E’ tutto bellissimo. Viviamo in un’epoca storica in cui la farsa è così oltrepassata dal reale che, secondo me, si è rotto le palle pure lui. C’è un limite a tutto: tranne al senso del ridicolo di Renzi (e di chi lo celebra).