Cultura

Lars Saabye Christensen e i Beatles in chiave norvegese

Mio padre disse che i Beatles erano diventati mebri dell’Ordine dell’impero Britannico per aver riequilibrato la bilancia commerciale inglese. E mia madre era del parere che Yesterday fosse molto carina, e che la regina Elisabetta sapesse sicuramente il fatto suo. Noi, arrabbiati e confusi, ci chiudemmo in camera mia. “C’è qualcosa che non quadra” mormorò Ola. “Non mi piace quando ai nostri genitori piacciono le cose che piacciono a noi”.

Beatles, di Lars Saabye Christensen (pubblicato in Italia da Atmosphere Libri e tradotto da Alessandro Storti) è un buon esempio di come si possano raccontare la musica dei Fab Four di Liverpool e gli anni Sessanta attraverso un delizioso romanzo di formazione ambientato nella periferia settentrionale dell’impero. Siamo a Oslo, in Norvegia, e il quattordicenne Kim e i suoi amici, folgorati dalla musica dei Beatles, vogliono mettere su una band dove ognuno di loro adotterà il nome del suo idolo: John, Paul, Ringo e George, appunto.

A Ringo toccò una medaglia d’argento della staffetta di Holmenkollen, vinta dal padre di Gunnar nel 1952 con l’associazione sportiva Ready. Seb fu decorato con la spilla che io avevo vinto alle gare di nuoto di Nesodden, l’anno precedente. Gunnar ebbe la medaglia d’oro per la vacca più bella del Toten, assegnata al nonno di Ola per due anni di fila. A me rifilarono una spilla della Croce Rossa che la madre di seb aveva ricevuto al raduno annuale della squadra locale nel 1961 (…) facemmo un profondo inchino e la regina d’Inghilterra passò come uno spirito attraverso la camera.

La storia inizia nella primavera del 1965 e si conclude nel 1972, nei giorni successivi al NO votato dalla popolazione norvegese all’entrata del Paese nell’Unione Europea, con gli echi della strage di Monaco e i Beatles sciolti da due anni. Sogni e illusioni dispersi nel tempo.

Il principe Harald sposò Sonja. Bob Beamon saltò come una giraffa nell’aria rarefatta del Messico e i Black Power levarono pugni nerissimi contro il cielo azzurro. Il Frigg scese in serie B (…) Noi andammo all’ambasciata cinese, dove un cinesone tondeggiante e in abito tradizionale ci diede quattro spille di Mao. Non prendemmo nemmeno in considerazione il fatto che John Lennon non avesse il chairman Mao sul bavero della giacca (…) Ecco come fu quell’autunno: un’invasione, un’olimpiade, una rivoluzione, una lunga pioggia che congelò in neve e avvolse novembre in un incarto bianco, proprio come la copertina del nuovo album dei Beatles, un doppio, The Beatles: bianco, nudo, con quattro immagini di John, George, Ringo e Paul all’interno.

Beatles è un romanzo redatto con una scrittura semplice e appassionata, capace di immergerci nel decennio rivoluzionario per antonomasia, di raccontarci i problemi dell’adolescenza, le tipicità di una società periferica e tendenzialmente bigotta, nonostante le apparenze, come quella scandinava, di trasmetterci la passione e lo spirito ribelle di una generazione, quando il rock & roll poteva davvero cambiare il mondo. Intitolando ogni capitolo come una canzone dei Beatles (un buon metodo per chi non li conosce, ma esiste qualcuno che non ha mai ascoltato Come Together o Paperback Writer?, per farsi una cultura musicale), il libro si presta a ogni tipo di lettore: adolescente, adulto, impegnato, frivolo. Un romanzo da cantare e da ascoltare.