Trash-Chic

Trash-chic, “era bella… Dio quanto era bella”. E Myriam disse no a Briatore

Panarea, nessun altro nome evoca un amore tanto grande, come quello verso una figlia che ti accompagna per tutta la vita”, se lo ripete Pina, quasi come un mantra. È seduta nel salottino del suo ristorante gourmet. Segue il via vai dei camerieri che servono ravioli ripieni di riccio e carpaccio di scorfano agli agrumi. Sono passati oltre 50 anni da quando friggeva frittelle e le offriva ai primi turisti che sbarcavano sull’isola. Non c’era ancora il molo e un barcaiolo se li andava a prendere dal postale che una volta a settimana dal “continente” faceva il giro delle isole.

“La Signora Pina è la nonna che ogni siciliano fortunato ha avuto vicino, una donna forte che l’età, con grandissima fatica, è riuscita appena a rallentare ma mai a fermare. Salutarla con affetto ogni volta che metto piede sull’isola è un po’ come salutare uno degli ultimi pezzi di un mondo che non esiste più e che mi manca terribilmente”, spiega Massimiliano Badalamenti, palermitano di nascita, un uomo moderno con regole classiche, globetrotter, chirurgo estetico, con una missione: “Aggiustare quello che non mi piace”.

Myriam Beltrami, con spirito pionerista da figlia dei fiori ante litteram, arrivò con Paolo Tilche, egiziano dallo sguardo di ghiaccio, verso la fine degli anni ’50. Un rudere sopra il faro di fronte alle sciare di fuoco di Stromboli lo trasformò nella più bella terrazza del mondo sospesa fra cielo e mare. Nacque così il Raya, più di un albergo era un stile di vita controcorrente. Quando il mare era in tempesta e tutti i pescatori tiravano le barche a secco Paolo e Myriam tiravano fuori la loro e sfidavano onde da paura. Gli servì per conquistarsi la fiducia dei riottosi isolani. Paolo non c’è più, Myriam ha al suo fianco Robert Skeledzic, bellezza slava in sarong balinese e 24 anni di differenza. Oggi è lui a custodire la memoria storica del Raya e ne farà un libro. Flavio Briatore voleva comprare il Raya e farci in loco un Bilionaire in stile cafonal, Myriam non lo ricevette neanche. Chapeau.

Lidia Cincotta, l’altra signora di Panarea, figlia del medico condotto, ma con visioni imprenditoriali. Non c’era la luce elettrica, l’acqua bisogna pomparla dalle vecchie cisterne e gli isolani scappavano in Australia. Lui allora incominciò a comprare pezzi di terra in riva al mare, incolti, e per questo venduti a prezzi stracciati. Nacque così il primo insediamento alberghiero, Villaggio Cincotta e Hotel La Piazza.

Pina, Lidia e Myriam: le quote rose di Panarea, le Grandi Anziane di questa isola bonsai, un fazzoletto di roccia lavica lungo appena tre chilometri, minimalista nei servizi (è il suo charme), che la difendono con la stessa caparbietà dal mutilante turismo di massa (vedi barconi dei burinos che vengono scaraventati ogni giorno sull’isola), che tengono lontani gli investitori stranieri senza scrupoli (vedi russi). Panarea non è vendita, dicono all’unisono. L’isola rimane di matrice matriarcale mentre la nuova generazione, sempre al femminile, guarda al futuro.

“Bellezza come forza progettuale. Bellezza come energia infinita. Bellezza come interrogazione sul significato delle cose. Amo vivere con lo sguardo in alto o tuffarmi nel profondo blu”, aggiunge Massimiliano che parteciperà al convegno di geografi provenienti da tutto il mondo al Hotel La Piazza dal 18 settembre al 20 settembre. Fortemente voluto da Mariangela Manganaro Omero, donna d’intelletto fino e cognata di Lidia. Si parlerà di nuova cultura dell’abitare il Mediterraneo e di coscienza del limite per non depauperare le risorse territoriali (vedi anche il fenomeno delle meduse dovute all’innalzamento delle temperature e alla scarsità di tonni che se la mangiavano). E per l’occasione Mariangela lancerà l’antesignana delle gare di nuoto: dallo scoglio di Dattilo, dove al tramonto batte l’ultimo raggio di sole, a Panarea, in tutto 1.800 chilometri di possenti bracciate. La suocera Lidia vinse una delle prime edizioni.

È, invece, nato a Londra il Fondo (Aeolian Island Preservation Found) per salvaguardare l’eccezionale valore e la naturale bellezza delle Eolie. Fortemente voluto da Luca del Bono, siciliano di Lipari che vive a Londra (dove ha aperto a Kensinghton un ristorante siciliano Iddu, in dialetto significa Stromboli) e dal filantropo Ben Goldsmith. Ma chi ci ha messo veramente l’anima è Federica Tesoriero, nata e cresciuta a Panarea, ha annusato ogni roccia, figlia di Enzino, il bello dell’isola, responsabile della Sea Assistenza. Federica, laurea in giurisprudenza, master alla Bocconi in “Management no profit” con il pallino della protezione delle biodiversità promuove una nuova filosofia di vivere le Eolie.

Era bella… Dio quanto era bella! E quel profumo, jasmine, assenzio, mirto, glicine, zagara. Inebriante, unico, sensuale, ti stordiva… veniva voglia di perdertici dentro, di esplorarne ogni anfratto, di abbandonarti a lei. Sono dieci anni che Toti Palma, il più dandy dei palermitani, il giocoliere della parola, non c’è più. E lo voglio ricordare proprio con le sue parole: “Lei era lì, apparentemente lontana e irraggiungibile, mia, tua e di nessuno…”
Twitter@januariapiromal