Economia

Diritto fallimentare, ecco la riforma “a misura di creditori” che piace alle banche

Il decreto varato il 23 giugno modifica alcune delle procedure a disposizione delle imprese in crisi. Il commissario giudiziale potrà chiedere al tribunale di aprire “un procedimento competitivo” per raccogliere offerte ulteriori rispetto a quelle del piano presentato dalla società insolvente. Nasce poi l’accordo di ristrutturazione con gli intermediari finanziari, per chi ha oltre il 50% dell'indebitamento verso banche

Riscossione dei crediti più veloce. Maggiori possibilità di fare valere le proprie ragioni per i creditori, banche comprese. Sono queste alcune delle novità introdotte dal decreto legge approvato il 23 giugno dal consiglio dei ministri. Un provvedimento che alle misure fiscali pro banche (deduzione dalle imposte delle perdite su crediti più vantaggiosa), affianca una serie di misure in materia fallimentare. Si tratta di un primo intervento sulle procedure a disposizione delle imprese in crisi per evitare il fallimento, come concordato preventivo e ristrutturazione del debito, mentre su una riforma complessiva del diritto fallimentare è ancora all’opera una commissione di esperti istituita a febbraio dal ministro della Giustizia, il cui mandato scadrà solo a fine anno. Resta così aperta la questione della convivenza del lavoro della commissione con le norme appena introdotte, che si concentrano soprattutto sull’obiettivo di soddisfare di più e in modo più rapido i creditori. Ecco come.

Più concorrenza nel concordato preventivo – Il decreto introduce maggiore concorrenza nelle procedure di concordato preventivo, intervenendo su due diversi aspetti. Innanzitutto al commissario giudiziale, la figura nominata dal tribunale per gestire la società insolvente, è data facoltà di valutare le offerte contenute nel piano di concordato per l’acquisto di un bene, di un ramo d’azienda o dell’intera azienda. Qualora il commissario ritenga che l’offerta non sia la migliore possibile per soddisfare gli interessi dei creditori, può chiedere al tribunale di aprire “un procedimento competitivo” per raccogliere ulteriori offerte. In secondo luogo il debitore non è più l’unico soggetto titolato alla presentazione di un piano di concordato preventivo: se il piano da lui proposto non soddisfa almeno il 40% dei crediti chirografari (che non hanno cioè pegni, ipoteche, fideiussioni a garanzia), uno o più creditori possono presentare “una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano”. Ogni proposta alternativa, che deve essere rappresentativa di almeno il 10% dei crediti, viene poi sottoposta alla votazione dei creditori insieme al piano presentato dal debitore.

Secondo Alessandro Solidoro, presidente dell’ordine dei commercialisti di Milano, tali norme pongono fine a una prassi dei debitori già vista in modo critico dai tribunali, quella cioè di presentare soluzioni concordatarie preconfezionate, che rendono difficile sia il controllo sulla procedura stessa che sul soddisfacimento dei creditori. “La logica delle nuove misure – spiega Solidoro – è quella di massimizzare il beneficio dei creditori, eliminando i benefici impropri in capo all’imprenditore-debitore. Si vuole per esempio evitare che questo piloti la cessione dell’azienda a un soggetto che in modo surrettizio gli garantisca dei vantaggi”. Una novità positiva per il presidente dell’ordine, anche se “occorre vedere come verranno implementate le procedure competitive. Se le modalità di gara saranno lente e complesse, rischieranno di disincentivare la concorrenza, anziché incentivarla”.

Ristrutturazione del debito a misura di banca – Nel decreto c’è poi spazio per il debutto di un nuovo istituto giuridico: l’accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari, previsto per i soggetti che abbiano la maggior parte di indebitamento (superiore al 50%) verso banche e intermediari finanziari. In base alle loro caratteristiche, i creditori possono essere divisi in una o più categorie. Il debitore può chiedere che gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, quando i crediti delle banche e degli intermediari finanziari aderenti rappresentano il 75% dei crediti della categoria. Un obbligo di adesione introdotto per una minoranza di creditori dissenzienti che rende questa procedura simile a un concordato preventivo. E che dovrebbe favorire un processo decisionale più rapido: “Qualora ci sia dalla maggioranza dei creditori un accordo di risoluzione – ha commentato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – non ci sarà più una dittatura della minoranza che blocchi la soluzione”.

Accesso al credito per aziende in crisi – Diventa più facile per una società che abbia presentato domanda di concordato preventivo o di ristrutturazione dei debiti ottenere un finanziamento che consenta la continuità dell’operatività aziendale. Il tribunale, sentiti i creditori principali, decide entro dieci giorni se dare o meno l’ok al prestito, che può essere chiesto anche nei casi di concordato in bianco, in cui cioè il piano per il rientro parziale dei debiti verrà presentato solo in un secondo momento. La norma, pensata per favorire i piani di risanamento delle imprese in crisi, mette al sicuro anche la banca che concede il finanziamento, per il quale è prevista la cosiddetta ‘prededucibilità’: verrà cioè ripagato prima degli altri crediti.

Stop ai conflitti di interesse per il curatore fallimentare e procedure più veloci – Non potrà più essere nominato curatore fallimentare di un’azienda il professionista che abbia già svolto per la stessa il ruolo di commissario giudiziale. L’obiettivo è di eliminare il conflitto di interessi in capo al commissario, che da un lato deve gestire la società nella fase di concordato, dall’altro poteva sinora trarre vantaggio dal fallimento della società qualora avesse ricevuto dal tribunale l’incarico di curatore. Il decreto prevede poi che i curatori debbano portare a termine i propri adempimenti entro i termini di legge, pena la revoca dell’incarico. La norma, finalizzata alla riduzione dei tempi delle procedure fallimentari, dovrebbe contribuire anch’essa a uno sblocco più veloce dei crediti. Dello stesso segno la decisione del governo di rendere più stringenti le scadenze del programma di liquidazione. Una serie di modifiche al codice di procedura civile ha infine l’obiettivo di rendere più rapide le operazioni di vendita dei beni e di migliorare il valore realizzato.

@gigi_gno – luigi.franco.lf@gmail.com