Zonaeuro

Grecia, non morire per l’euro

Enrico Letta scrisse un libro alcuni anni dopo la firma del Trattato di Maastricht dal titolo “Euro sì. Morire per Maastricht”. E’ questa probabilmente la frase migliore per descrivere il vero fine del caravanserraglio europeo che fa rapidi passi verso la completa dissoluzione della democrazia in Europa e delle sue declinazioni.
Democrazia, pace, prosperità e benessere dei popoli. Era iniziato così un percorso che affonda le sue radici dagli anni cinquanta, un passo necessario da compiere era stato detto se non si voleva lo scoppio di un’altra guerra mondiale . Già nel corso degli anni ottanta e da allora la cosa si è fatta sempre più insistente l’idea che si afferma nelle élites europee, che non hanno mai accettato le democrazie costituzionali, è quella di impugnare di nuovo lo scettro del potere e di privare un pezzo alla volta gli Stati-nazione di tutti i loro poteri classici, senza i quali la sovranità è priva di senso.

Mentre gli Stati soccombevano, le élites vedevano accrescere il loro potere fino ad avere in mano le economie degli Stati, e l’idea di una moneta unica che non fosse nella disponibilità dei singoli governi nazionali è stato l’apogeo del dominio dei mercati sulle democrazie. I popoli europei non hanno mai partecipato a questo progetto, non hanno avuto nessun ruolo e sono questi i giorni in cui forse molti stanno cominciando a risvegliarsi da quel torpore che voleva rassicurare e spaventare tutti quelli che si chiedevano che senso avesse continuare a difendere una dottrina, il neoliberismo finanziario, e il suo strumento, l’euro, ognuno dei quali ha spogliato l’Europa della sua tradizione di welfare sociale. La terra promessa dall’Euro non è altro che un brullo paesaggio abitato da tribù che fanno della legge del più forte la loro regola di vita.

Mentre in questi giorni commentiamo i fatti della Grecia, ancora non sappiamo su quale proposta i greci saranno chiamati ad esprimersi domenica prossima, dal momento che Tsipras è tornato al tavolo delle trattative su invito dell’Eurogruppo e della Commissione Europea, nonostante la Germania abbia detto che non si deve riaprire il negoziato fino a lunedì prossimo, quando si saprà il risultato del referendum greco. Da una parte quindi le istituzioni europee non agiscono di concerto, slegate tra loro nella strategia negoziale e guidate da impulsi unilaterali, senza nemmeno consultare le altre parti sull’opportunità di riaprire i negoziati.

Dall’altra Tsipras, dopo la mossa a sorpresa dell’annuncio del referendum, torna al tavolo nella settimana che precede il referendum e rischia di confondere il suo stesso elettorato. Se l’offerta dell’Eurogruppo è irricevibile per le sue condizioni di austerity impraticabile, e il rifiuto di queste proposte è l’unica risposta possibile da parte di Atene, ci si domanda che senso abbia tornare al tavolo in questo momento e cercare, o almeno questa l’apparenza che si vuole dare, un accordo? In questo modo si potrebbe spiazzare il fronte del NO al referendum, quando il suo leader e promotore aveva annunciato nel suo discorso alla nazione il rifiuto di attuare quelle proposte.
Il clima di caccia alle streghe che i media alimentano rende questo scenario ancora più fosco, ed è troppo importante in questo momento dare un segnale di chiarezza e di freddezza a chi vuole creare il panico nella popolazione.

Le scene di lunghe code ai bancomat testimoniano che il clima è già stato inquinato e non sarà facile arrivare alla conclusione di questa storia senza traumi.
Qualcuno ha criticano la decisione di promulgare il referendum in questo momento, perché i greci non sono messi nelle condizioni di votare serenamente e di decidere del proprio destino.

Ecco perché Tsipras non deve tornare al tavolo fino a lunedì, e dovrà iniziare a pensare che non esiste altra alternativa all’uscita. Se si accettano le condizioni dell’euro, si accetta l’austerity. Non sono due paradigmi separati, ma sono l’una la conseguenza dell’altro. Prima lo si comprende, prima sarà possibile salvare l’Europa dal disastro completo.

Scritto in collaborazione con Cesare Sacchetti