Cultura

Videoritratti: Katia Nani e Barbara Saba, due attrici

Almeno due volte all’anno devo andare a Roma, la città eterna, vado per assaporare l’effimero e la luce. Anche la luce a Roma è più lenta, la sua velocità si frena quel tanto che basta per farti gustare la bellezza del tempo e della vita. A Roma avevo una nonna che fumava quattro pacchetti di sigarette al giorno e mi diceva sempre: “Non ho voglia di morire, non ho voglia di vivere, non ho voglia che venga giorno e non ho voglia che venga notte, Ricky, quando mi vedi nella bara ficcami un coltello in pancia!”. Isabella, cara Isabella, avevi paura di essere sepolta viva!

Avevo uno zio, il figlio di Isabella, fratello di papà, Roberto Farina (omonimo di mio fratello Roberto), aveva fondato a Roma il cineclub L’Occhio, L’Orecchio e la Bocca, un posto dove si mangiava, si ascoltava musica e si vedevano spezzoni di film in successione. Un luogo di culto. Al funerale di mio zio c’erano Ghezzi, Sanguineti, De Fornari, e tanti altri. Roberto non aveva mai un soldo, era uno dei più grandi appassionati di Maria Callas, fece per la Rai il Callas Day, 24 ore di immagini della Divina.

Nonna e zio non ci sono più, non ho grandi simpatie per la morte, devo confessarlo, anche se mi rendo conto che è necessaria. Per fortuna ho ancora qualche parente a Roma, alcuni cari amici come Nicola Gelo, Silvano Agosti, Nicolino Pompa, Raffaele Rivieccio, e adesso due nuove amiche, due attrici meravigliose: Katia Nani e Barbara Saba. Katia è zingara e contessa, Barbara è ambiziosa e poliedrica. Due attrici diverse e due ritratti diversi.

Con Barbara ho diviso il film in tre parti : il seminario di recitazione di Franco Mannella (lo ringrazio molto per avermi dato il permesso di fare le riprese), una chiacchierata al bar e nei titoli di coda alcune immagini di un suo concerto sul Tevere.

Con Katia ho camminato nella Roma notturna in zona piazza Navona, poi ci siamo seduti al tavolino di un pub, lei vino rosso e io non ricordo più: ero rapito dai suoi occhi, così intensi che creavano isolotti di amnesia nella mia liquida percezione delle cose

Hanno avuto coraggio, si sono aperte, si sono fidate di me e della mia voce, e mi hanno donato la loro femminilità e il loro talento. Che cosa potrei volere di più? Non posso dirvelo, non sarebbe elegante. In fondo per essere un bravo ritrattista devo uccidere ‘il maschio’ che è in me e diventare solo un occhio, un occhio che vive e ascolta. Sì, mi capita di ascoltare con gli occhi, ma non riesco ancora a vedere con le orecchie (come Baudelaire), ci devo lavorare. Non dispero, le vie dei sensi sono infinite e si intrecciano.

Pensiero del giorno:

Quando nel tuo metro quadrato di salute tutto fila liscio, e senti i muscoli che fluiscono rapidi nel gesto; quando il fastidio più grosso è un leggero mal di testa che puoi tranquillamente fottere grazie alla farmacia; quando il dolore è un sogno vagheggiato di intensità ma non ne fai una malattia se ti senti leggero, fresco, pulito e vivo, con una punta di ebetudine per non guastare e per gustare i piaceri; quando la vita è quello che è, e tu non senti il bisogno di aggiungere altro, giusto un ricamo, un vezzo di noia; quando il pane è caldo e i pomodori sono belli; quando accade tutto questo e non accade in fondo nulla, la cosa più vera che senti dentro di te è una gratitudine quasi ostinata per la banalità, la meravigliosa banalità di esistere. Nessuna angoscia, solo punture di spillo, come contorno la fame e la sete, presto saziate, e il riposo.