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Egitto, la condanna a morte di Morsi e gli ultras del calcio

L’altro giorno al Cairo discutevo con il mio amico Omar del più e del meno quando la nostra conversazione è caduta sulla condanna a morte dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi della Fratellanza musulmana. Un breve riepilogo da parte di Omar per ricordarmi chi era questo personaggio e le innumerevoli condanne che aveva già subito. Io, in realtà, conoscevo bene la biografia politica di Morsi, ma per compiacere il mio amico l’ho lasciato parlare.

La sua elezione, proclamata dalla Commissione elettorale, è avvenuta il 24 giugno 2012 grazie a libere elezioni dopo la caduta di Mubarak. Vi fu, in quella circostanza, una grande euforia al Cairo, almeno da parte dei Fratelli musulmani che dopo anni e anni di persecuzioni da parte dello Stato, incarceramenti, torture e omicidi mirati  realizzavano una grande vittoria elettorale. Poi, continuava Omar, c’è stato il problema di una nuova Costituzione e qui sono sorti i problemi, perché Morsi e i suoi seguaci cercavano di averne una i cui principi che la caratterizzavano erano ispirati alla sharia. Le reazioni furono ferme e questa Costituzione non passò. Ma l’errore più grande da parte di Morsi e dei Fratelli musulmani è stato quello di voler islamizzare una società anziché provvedere al buon governo con l’illusione che bastava collocare Fratelli musulmani nei posti chiave dello Stato per risolvere gli immensi problemi dell’Egitto.

A questo punto l’ho interrotto dicendogli che conoscevo il seguito della storia, la sua caduta determinata da un vasto movimento di piazza spontaneo – forse, che ha portato alle elezioni del generale Al Sisi. “Ma quello che non mi spiego – gli ho detto – è questa tua allusione agli ultras del calcio. Che rapporto c’è tra questa condanna a morte e gli ultras.” A questo punto Omar ha iniziato a spiegare. “Questo fenomeno degli ultras è abbastanza giovane in Egitto non è come da voi. Penso che sia iniziato verso il 2007, 2008 e forse prima. A seguito dei vari scontri con la polizia e tra diverse tifoserie come a Porto Said che ha registrato più di settanta morti o gli scontri avvenuti all’occasione della partita tra lo Zamalek e l’Enppi in cui sono morti una ventina di tifosi, la Corte d’appello ha interdetto qualsiasi attività delle associazioni degli ultras. Allo scoppio della rivoluzione del 2011 gli ultras sono stati in prima linea contro le forze di polizia e l’esercito. Le loro simpatie, anche se lo hanno sempre negato, sono state rivolte ai Fratelli musulmani e questi disordini causati in occasione delle partite di pallone che fanno registrare decine di morti sono interpretate, forse a ragione, come azioni di protesta politica fomentate dai Fratelli musulmani. A questo bisogna aggiungere l’odio atavico verso la polizia per completare il cerchio.”

Le sue spiegazioni non mi sembravano troppo pellegrine viste le motivazioni un po’ pretestuose  con le quali è stato condannato a morte Morsi. L’ex presidente è stato condannato insieme ad altre 121 persone per evasione dalla prigione quando era detenuto e per spionaggio a favore dell’Iran, di Hezbollah e di Hamas per aver fornito documenti concernenti la sicurezza dell’Egitto. Inoltre va ricordato che la confraternita dei Fratelli musulmani era già stata messa fuori legge e che la nuova Costituzione, quella del 2014 ha decretato l’impossibilità di formazioni politiche a carattere religioso.

Nonostante ciò l’azione di governo è rivolta ad una dura repressione nei confronti dei Fratelli musulmani e suoi simpatizzanti, gli ultras del calcio ad esempio, considerati possibili fiancheggiatori. La condanna a morte  di Morsi  probabilmente non sarà eseguita. Quale significato può avere se non quella di intimidire ancor più la Fratellanza e tutti quelli, ultras compresi, che pensano di infastidire il potere?