Politica

Italicum 2: perché la fiducia è un errore, o la rivincita dei lillipuziani

Al contrario di altri opinionisti di questo giornale, non penso male della riforma elettorale denominata Italicum, che faremmo meglio a chiamare Italicum 2 dal momento che l’attuale progetto è alquanto differente da quello originario, ed è ora simile alla legge che adoperiamo per eleggere i sindaci. Le principali differenze fra le due versioni le ha elencate in modo chiaro un articolo critico e assai interessante del costituzionalista Mauro Volpi (cui ha risposto, per bilanciare le fonti, il costituzionalista Augusto Barbera).

Non penso male di questa riforma perché sono un convinto sostenitore delle leggi maggioritarie a doppio turno, che danno all’elettorato la possibilità di votare la prima volta il partito più vicino al proprio sentire, e la seconda quello meno lontano. Essendo d’accordo con Barbera che la legge elettorale è come la Nazionale di calcio, e ognuno ha la sua formazione preferita, nella mia ‘Nazionale’ ci sarebbe un doppio turno di collegio, con collegi piccoli, assai preferibile a un doppio turno a livello nazionale. Ma amen, è il dazio pagato a Forza Italia che al Senato ha votato questa legge con entusiasmo e ora va cianciando di incostituzionalità.

L’ Italicum 2 per me è una buona legge perché il secondo turno di ballottaggio si terrà, credo, quasi sempre (quindi: che nessun partito prenda più del 40% alle elezioni dei prossimi anni).  Questo meccanismo è fondamentalmente l’unico che rende possibile un auspicabilissimo alternarsi di governi monocolore, portando l’Italia più vicina al sistema britannico classico (non di oggi) e lasciando alle spalle l’esperienza delle coalizioni copri-tutto degli ultimi 20 anni. Una volta sarà il Pd a governare da solo, una volta sarà il M5S, e se mai si fonderà un nuovo partito di Centrodestra libero da figuri del tutto impresentabili o improbabili, prima o poi toccherà anche a loro.
L’alternanza al governo, specie se avviene ogni due legislature, è un toccasana per ogni democrazia, perché nella peggiore delle ipotesi propone un ricambio delle clientele e delle conventicole dirigenti, quindi è un modo diretto per combattere corruzione e rendite di potere. L’ Italicum 2 per questo motivo mi appare come una legge molto migliore dell’attuale Consultellum, che ci condannerebbe a governi di larghe intese fino alla fine dei nostri giorni, con il Pd sempre dentro a mo’ di prezzemolo. Va da sé che l’Italicum è anche preferibile al Porcellum per innumerevoli ragioni che non sto a elencare, e tutto sommato lo preferisco anche al Mattarellum perché ritengo che i sistemi misti ibridi siano destinati a proporre le distorsioni di tutti e due i meccanismi, più che unirne i pregi. Va poi detto che l’ Italicum 2, grazie ai governi monocolore che darà, porta l’Italia non a un sistema presidenziale, ma verso un sistema a premierato, e anche questa a me pare una buona notizia: maggiore accountability, maggiore responsabilità e maggiore chiarezza.
La cosa che proprio non mi persuade è la decisione di Renzi di apporre la fiducia all’approvazione della legge elettorale. Ça va sans dire: i paragoni con Mussolini, le accuse di fascismo, di autoritarismo sono sciocchezze propagandistiche che qualificano solo chi le fa, troppo ignoranti di fascismi e autoritarismi per sapere di cosa si parla. Che poi sia costituzionale porre la fiducia su una legge elettorale è pacifico, come dice anche il costituzionalista Francesco Clementi: non solo Renzi l’ha fatto, ma lo ha anche già fatto De Gasperi nel 1953, quando si approvò la Legge Maggioritaria, che è rimasta più nota col nomignolo che le diedero le opposizioni: Legge Truffa. Al di là del fortunato nomignolo, la Legge Maggioritaria fu regolarmente approvata, promulgata e adoperata per le successive elezioni. Tuttavia il richiamo storico al 1953 potrebbe essere molto più significativo di quanto si creda.
Infatti, la fiducia posta da De Gasperi, Scelba e Moro servì a far approvare la riforma, ma il suo effetto fu affondato da tre scissioni a Sinistra avvenute nei partiti laici che appoggiavano la Dc al governo. Sperando che questo faccia sentire meglio Civati, Bersani e gli altri che potrebbero uscire dal Pd di oggi, nel 1953 gente del calibro di Piero Calamandrei, Tristano Codignola, Ferruccio Parri, Carlo Cassola uscirono dal Psdi e dal Pri fondando movimenti lillipuziani che poi dettero vita a una piccola ma gloriosa coalizione chiamata Unità Popolare. Per quanto piccola, Up prese l’1% dei voti, togliendo alla portaerei democristiana e centrista proprio quel quid necessario a far scattare l’ingente (65%) premio di maggioranza, che non scattò: i governativi si fermarono al 49,8%. A seguito di quel fallimento elettorale, la riforma fu subito abrogata dal nuovo Parlamento e l’Italia divenne un Paese sempre governato da coalizioni via via più estese che facevano sempre perno sulla Dc ma dipendevano dai partiti laici piccoli: la rivincita dei lillpuziani.
Venendo a oggi, con la mossa della fiducia sull’Italicum 2 Renzi riuscirà ad approvare la nuova legge elettorale, ma al costo di una scissione a sinistra del Pd. Resta da vedere di quale entità. Non mi stupirei se fosse una scissione molto piccola in termini di consenso elettorale, anche solo un 2-5%, però sufficiente a non far raggiungere al Pd rimanente quel 40% che gli consentirebbe di saltare il ballottaggio.
A quel punto, a un ballottaggio Renzi vs Grillo, non è affatto detto che il livello di astensione si mantenga alto. E se chi di solito si astiene decide invece di farsi conteggiare, è assai probabile che la figura da Joker pigliatutto di Beppe Grillo possa risultare alla fine vittoriosa. Può sembrare fantapolitica, ma ricordo a tutti che alle ultime elezioni politiche il Joker ha già preso il 25% dei voti.