Musica

Sergio Caputo, ‘Radiopoli’ e il vaso di Pandora: ‘La libertà si paga’

La storia ormai la conoscete già tutti, il che dimostra come oggi come oggi la rete sia davvero il luogo dove succedono le cose e dove le notizie passano più velocemente. Sergio Caputo, autore di alcuni dei classici della nostra musica leggera che più hanno avuto successo negli anni Ottanta, da Sabato italiano a Bimba se sapessi, passando per la mia preferita, Non bevo più tequila, con una lunga parentesi americana dedicata alla sua grande passione, il jazz, torna con un album di inediti, Pop Jazz & Love, suo primo album di canzoni inedite in venti anni. Una notizia, insomma. Di quelle che non possono che far piacere a chi ha amato e ama la musica italiana.

Ma non è questa la storia che già conoscete. La storia è che Sergio Caputo torna, con le sue nuove canzoni, in lingua inglese, lanciate da un singolo in italiano, A bazzicare il lungomare. Sergio Caputo torna, e i network radiofonici non lo passano e non passano la notizia del suo ritorno. Quegli stessi network che in passato lo hanno ospitato decine, centinaia di volte, lo snobbano. “Non rientra nei nostri piani editoriali”, si sente rispondere da solerti redattori. Allora Sergio Caputo si arrabbia, e prima ne scrive su Facebook, con un post che viene condiviso centinaia di migliaia di volte sui social, poi ci torna su in maniera più articolata, andando a scrivere un post al vetriolo intitolato Radiopoli.

Comunico a tutti che – come mi informa il mio ufficio stampa – radio 105 non passerà alcun brano del mio nuovo album…

Posted by Sergio Caputo on Sabato 21 marzo 2015

Ovviamente, visto anche l’interesse che da sempre l’autore di questo post dedica ai meccanismi della discografia contemporanea, lo abbiamo incontrato, e quel che ne è venuto fuori è un quadro dalle tinte fosche.

Lasciando da parte i toni pungenti del suo post, legittimi da parte di chi si è visto boicottato non tanto per questioni meramente artistiche, nessuno gli ha infatti detto che il suo disco non piace, ma per questioni legate a scelte editoriali da parte di chi, in effetti, oltre che radio è anche editore musicale, discografico e promotore di eventi, sorta di potenza autarchica che rischia di far scricchiolare il concetto di conflitto di interessi, il cantautore ci racconta delle difficoltà del voler percorrere in totale libertà la propria strada, senza scendere a compromessi con altri che non sia la propria arte. La libertà di non avere pressioni e imposizioni, ci dice, si paga. Non far parte di correnti implica, infatti, il non essere incluso in un mondo, quello della comunicazione radiofonica e televisiva che, forse il “Caso Caputo” ci aiuterà a dimostrare il contrario, sembra il solo in grado di attestare l’esistenza di un artista. Non ti ho sentito in radio, non ti ho visto in tv, non stai facendo più niente, questo il concetto. Pensiero condiviso anche da altri colleghi di Caputo, vien da pensare, ma non espresso pubblicamente proprio per paura di essere ulteriormente ostracizzati o accusati, e qui siamo alle comiche, di essere non dei boicottati ma addirittura dei boicottatori, come se un post su Facebook o sul proprio blog potesse avere la potenza di fuoco di un network con milioni di ascoltatori ogni giorno.

Ecco, forse il “Caso Caputo” dimostra che un po’ di visibilità, grazie ai social, è possibile anche senza passare da quei network. Senza avere le scarpe dentro una major, che poi ti lascia una minima parte di quel che guadagni, continuando a pubblicare compilation con le tue vecchie canzoni a ogni nuova uscita, limitandosi giusto a cambiare la foto e il titolo. Non che la cosa fosse stata pensata ad arte, ci tiene a precisare il cantautore, e se così anche fosse stato il tutto meriterebbe un plauso, perché “break the internet”, per dirla con gli americani, non è cosa facile (almeno se non hai il didietro della Kardashan).

Ma di fatto oggi un po’ tutti, sia gli addetti ai lavori che il pubblico attivo sui social e in rete sanno che Sergio Caputo è tornato con un album di inediti, Pop Jazz & Love, per altro di notevole fattura, con brani che ci riconciliano con la parola musica d’autore.

Grazie a questa chiacchierata quella parte di tutti che siete voi sapete che Caputo, recentemente, ha prodotto un album di un giovane cantautore, Fraska, delle mie parti. Un autore e interprete raffinato, amante della bella musica melodica di casa nostra, che però è incappato esattamente nello stesso muro di gomma che è toccato a Caputo stavolta: non ti passiamo perché non fai parte del nostro piano editoriale. Andatevelo a recuperare, Fraska, poi mi saprete dire. Oggi sapete.
Tutti sanno che oggi, 25 marzo, Sergio Caputo suonerà in club, situazione che nel tempo ha sostituito i teatri nell’idea di location ideale per i concerti del nostro, La salumeria della Musica, a Milano, e che il 15 maggio si esibirà al Teatro OBIHall di Firenze. Sanno che Sergio Caputo è tornato, o che per meglio dire non se n’è mai andato, ma ha semplicemente cominciato a percorrere strade un po’ meno affollate e illuminate.

Tutti sanno che il sistema delle radio, di cui ci siamo già cominciati a occupare in precedenza, non è esattamente mosso da meccanismi cristallini, un po’ come tutto lo show business, e che se anche magari non si può parlare di Radiopoli, perché tutto quello che avviene avviene alla luce del sole, di sicuro si può ambire a qualcosa di meglio, in cui le radio passino anche artisti italiani indipendenti, senza tornaconti personali.

Sergio Caputo sa fare bella musica, network o non network sta lì, basta andarla a cercare e ascoltarla.