Cultura

Cinema America Occupato: avere vent’anni e nessun confine

A vent’anni non hai tempo per la legalità dei burocrati che hanno tirato il freno a mano e inchiodato il mondo. A vent’anni apri il portone di un cinema chiuso e monti su una terrazza per proiettare un film.
A vent’anni non puoi aspettare che le istituzioni si muovano col peso di un elefante quando fa il passo della formica.Non hai tempo per la delibera del sindaco che prende una decisione solo dopo aver messo d’accordo le correnti del suo partito, e poi il proprio partito con gli altri della coalizione, e poi tutta la coalizione con i partiti d’opposizione, e poi l’amministrazione comunale con Provincia, Regione e governo nazionale, e poi la politica con gli affari, e poi la massoneria e il salotto e l’economia e la Chiesa e l’altare e il confessionale e la sagrestia e tutta la catena di sant’antonio.
Non hai tempo per il palazzinaro che compra un cinema chiuso e poi deve convincere i politici dell’inutilità di uno spazio culturale a favore di un bel centro commerciale o di un mucchio di appartamenti di lusso perché la gente ricca c’ha bisogno di comodi cuscini, perché i poveracci vogliono il pane a un euro e cinquanta e non gliene importa che è cotto nei forni della camorra dove bruciano le bare.
A vent’anni non perdi tempo a leggere, in rete o sui giornali, di lotte combattute dall’altra parte della città, del paese o del mondo. Non ti interessa se siano più belli i combattenti di Kobane o i partigiani che cantavano Bella Ciao, i venticinque che nel 1857 sequestrarono il Cagliari per iniziare la “rivoluzione italiana” o quelli della Val di Susa che tagliano le reti per riprendersi una terra che gli è stata sequestrata.
“A vent’anni non c’è bisogno di attendere l’amministrazione” dice Valerio del cinema America. “A vent’anni le cose si fanno! L’amministrazione, se vuole, ti segue. Se no risulta in totale contrasto coi territori”.
Eppure gli occupanti del cinema America ci sono andati a parlare con le istituzioni e Franceschini s’è pure seduto a guardare i film che hanno proiettato.
Hanno parlato con tutti e hanno fatto tutti i passetti da formica che le istituzioni elefantiache gli hanno chiesto di fare, ma intanto hanno pure riaperto un cinema chiuso da oltre un decennio. Una scatola vuota che si sono messi a riempire. Il cinema America è stato questo: “uno spazio dove si entrava ad offerta libera. Era il cittadino che riconosceva un valore a quello che si stava facendo. Pagava per sostenere l’esperienza. Con le offerte dei residenti l’immobile è stato restaurato e messo in sicurezza”.
Un mese e mezzo fa si sono incontrati col sindaco Marino e il loro comunicato terminava con queste parole: il Sindaco ha la nostra più totale fiducia, Grazie.
Un mese dopo scrivono “il sindaco Marino promette soluzione e poi sparisce” e “oggi il Sindaco Marino ha dimostrato di non avere il coraggio di dare opportunità a dei giovani che, a titolo gratuito, hanno garantito tre anni di servizi no-profit a tutta la cittadinanza”.
E così i giovanissimi occupanti (anche di venti e quindici anni) sono saliti sul tetto del cinema.
“In assenza di un tetto sotto il quale fare cultura abbiamo portato la cultura sul tetto. E stiamo lì con l’aula studio, le proiezioni, la biblioteca e proiettiamo film, facciamo cultura e soprattutto stiamo insieme. Vogliamo creare legami sociali che forse possono far rinascere quello che è il tessuto popolare di questi rioni che sono ormai diventati dei quartieri vetrina. C’è bisogno di spazi dove la cultura è accessibile e condivisibile e non solo un prodotto da acquistare”.
Occupare un edificio è illegale. Chi passa attraverso la porta del cinema America entra in un luogo dove si fa cultura, un laboratorio di cittadinanza e contemporaneamente nell’illegalità. Personalmente è un’azione che compio da quasi trent’anni. I miei figli sono più criminali di me perché frequentano spazi occupati da quando sono nati. Ci giocano, mangiano, partecipano agli spettacoli e spesso ci hanno pure dormito.
Ma c’è un confine tra legalità e illegalità? Di che tipo di confine si tratta? È come quello che sta tra Roma e Grottaferrata che quando lo passi nemmeno te ne accorgi? È tipo quello altrettanto invisibile, ma drammatico, che divide l’Africa da Lampedusa? Funziona come la mezzanotte per Cenerentola?
I difensori della legalità senza compromessi mi fanno paura. Nei secoli hanno inventato la sedia elettrica e la bomba atomica, i manicomi e la segregazione razziale, le classi differenziali e i CIE, eccetera eccetera… dalla punizione dietro alla lavagna fino ai campi di rieducazione. Da Spartaco a Rosa Parks.
Sono solo esempi messi in fila. Qualcuno dirà che non sono paragonabili. È così, ma infatti non sono paragoni. Sono suggestioni.
Allora chiedo a Valerio che cosa ne pensa lui.
“Secondo noi non c’è un confine tra legalità e illegalità. C’è una battaglia e un obiettivo. E se l’obiettivo è giusto… bisogna compiere tutti gli atti a nostra disposizione per raggiungerlo. Il nostro obiettivo era salvare l’immobile e non potevamo salvarlo senza occuparlo. Una volta salvato l’immobile noi saremmo anche stati disponibili ad uscire pacificamente dal cinema. È solo l’amministrazione che si pone il problema della legalità perché i vincoli per salvare il cinema America li abbiamo ottenuti proprio grazie all’occupazione”.
A vent’anni non perdi tempo con i confini. Soprattutto se stai dalla parte giusta.