Cervelli in fuga

Procreazione assistita, Uk e Italia a confronto. Si va verso la libertà riproduttiva?

Il Parlamento britannico questo mese ha approvato una legge storica: il Regno Unito sara il primo paese al mondo a “creare” bambini con il Dna di tre persone. Il voto finale è arrivato dopo mesi di consultazioni pubbliche e anni di ricerca scientifica, e non sono mancati dissenso e dibattito. Si tratta di una decisione che avrà un impatto enorme sulla vita di molti bambini e delle loro famiglie: la creazione di embrioni con tre serie di Dna, infatti, potrebbe prevenire gravissime e incurabili patologie genetiche originate dal Dna mitocondriale, che viene trasmesso interamente dalla madre.

E’ proprio il mitocondrio difettoso ad essere al centro della procedura approvata dal Parlamento che permette che l’embrione venga creato con un nucleo che combina il materiale genetico di una donna e di un uomo (non necessariamente i futuri genitori visto che in Uk la fecondazione eterologa è pratica comune) e con il mitocondrio di una terza persona. In realtà quello che è stato approvato è una combinazione di procedure collettivamente chiamate “donazione di mitocondrio”, studiate e perfezionate dai ricercatori dell’Università di Newcastle con partner internazionali, e che daranno ai ricercatori flessibilità per continuare a sviluppare trattamenti sempre più efficaci.

Un approccio rivoluzionario quindi, che permettera di evitare a migliaia di bambini una vita scandita da reparti ospedalieri e cure mai risolutive.  E non è un caso che questa legge sia stata passata dal Parlamento Britannico: da decenni i Britannici conducono con rigore scientifico e col supporto delle equipe internazionali più rinomate ricerche davvero all’avanguardia. Ma soprattutto, legiferare su materie tanto delicate non sarebbe possibile se il Regno Unito non avesse una lunga tradizione di comitati etici dedicati a conciliare analisi complesse di rischi e benefici con divulgazione, dialogo con i cittadini e consenso pubblico.

Ecco come funzionerà:

E in Italia? Anche da noi si stanno facendo passi avanti nel promuovere la libertà riproduttiva e la possibilità di prevenire malattie genetiche incurabili.

La tanto controversa legge 40 del 2004, che poneva limiti inaccettabili per molti potenziali genitori che si vedevano costretti a recarsi all’estero per ricorrere a procedure di fecondazione artificiale non consentite dalla legislazione italiana, è stata di fatto ridimensionata da varie sentenze della Corte Costituzionale.

Però nonostante restrizioni come come il limite a tre embrioni siano state abbattute, secondo uno studio condotto da Eshre in collaborazione con la Società Italiana di Studi di Medicina della Riproduzione, nel solo 2011 su 25mila coppie che ogni anno si spostavano in Europa per turismo riproduttivo, oltre 10 mila erano italiane. Il turismo riproduttivo è quindi ancora una realtà per molti. Si tratta principalmente di coppie eterosessuali, sposate o stabilmente conviventi (82%). L’età media delle donne è di 37 anni e mezzo, il 27% ha meno di 35 anni, il 41% tra 35 e 40 anni, il 25% tra 40 e 44 anni.

Sorprendentemente, lo studio suggerisce che molti si recano all’estero per trattamenti perfettamente leciti in Italia. E ora che la sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014 fa cadere di fatto anche il divieto di fecondazione eterologa, sembra che a spingere i potenziali genitori a partire siano spesso considerazioni di natura economica. Infatti in Italia, oltre a molte barriere burocratiche, poca chiarezza su cosa sia lecito e cosa non lo sia, e l’inspiegabile disparità nell’offerta di trattamenti da una città all’altra, i potenziali genitori devono anche affrontare un costo medio per la fecondazione assistita di 12.300 euro – come emerso da una recente ricerca condotta dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta sugli Errori e i Disavanzi Sanitari.

I dati forniti dai centri dell’elenco del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita confermano costi che vanno da un minimo di 6.900 euro in Emilia Romagna a un massimo di 15.600 euro in Lombardia. In questi valori rientrano i costi necessari per la terapia riproduttiva a cui viene sottoposta la coppia, oltre alle spese per la gravidanza, le visite, le ecografie, gli esami, i relativi eventuali ricoveri. Il rimborso medio nazionale corrisposto dalle Asl per una procedura di fecondazione è, secondo lo stesso studio, di circa 2mila euro.

Non sorprende quindi che con costi competitivi, legislazioni molto liberali e tecnologie all’avanguardia, Spagna, Svizzera, Grecia e Danimarca rimangano la mete preferite per le coppie infertili italiane, così come messo in evidenza un’indagine dell’Osservatorio sul Turismo Procreativo. Basta una veloce ricerca su Internet per scoprire che il turismo riproduttivo italiano è tanto comune che le cliniche danesi hanno siti in italiano e quelle spagnole offrono pacchetti con volo compreso dall’Italia.

E’ vero il primo intervento di fecondazione eterologa all’ospedale Careggi di Firenze in ottobre è il segno che qualcosa si sta muovendo anche in Italia. Ma quanti single, coppie gay, madri portatrici di mitocondrio difettoso, genitori che sperano nella diagnosi pre-impianto a 360 gradi dovranno ancora partire?

Vogliamo davvero essere il Paese dove la miopia della legislazione deve essere corretta dalle sentenze della Corte Costituzionale e non dal dialogo democratico? Possiamo continuare a essere il Paese dove procedure ormai di routine nel resto del mondo sono ancora incredibilmente rare e controverse e notevolmente costose?  Non resta che augurarsi che anche da noi rigore scientifico ed etico abbiano prima o poi la meglio sulle sorde diatribe moraliste che sembrano aver guidato per troppo tempo il dibattito sulla liberà riproduttiva nel nostro Paese.

@alicepilia