Giustizia & Impunità

Telekom Serbia, definitiva la condanna a 7 anni per Igor Marini

Accusò decine di persone, tra cui diversi esponenti politici del centrosinistra, di aver ricevuto tangenti. I giudici della Cassazione hanno confermato la pena a 7 anni e mezzo. In primo grado l'imputato fu condannato a 10 anni

In appello la condanna era stata ridotta. Per Igor Marini, il consulente finanziario che nel 2003, nell’ambito della vicenda Telekom-Serbia, accusò decine di persone, tra cui diversi esponenti politici del centrosinistra, di aver ricevuto tangenti, è arrivato anche il verdetto finale. I giudici della Cassazione hanno confermato la pena a 7 anni e mezzo. In primo grado l’imputato fu condannato a 10 anni.

La II sezione penale, presieduta da Antonio Esposito (il giudice che condannò Silvio Berlusconi per il caso Mediaset), ha respinto il ricorso dell’ex consulente finanziario, accusato di ricettazione, falso e calunnia, che a inizio anni duemila causò un terremoto politico, tirando in ballo Romano Prodi e numerosi dirigenti del centrosinistra, colpevoli – a suo dire – di aver intascato tangenti milionarie per l’acquisto da parte della Telecom (all’epoca a maggioranza pubblica) di una quota della compagnia telefonica serba ad un prezzo maggiorato. Oltre a Igor Marini, la Cassazione ha condannato l’ex manager Maurizio De Simone a 4 anni e mezzo per la sola accusa di calunnia.

La vicenda inizia nel 2003, quando l’ex “teste” Marini davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Telekom, istituita sotto il governo Berlusconi, e davanti ai magistrati della procura di Torino accusò diversi politici, in particolare Romano Prodi, allora presidente della Commissione Europea, e all’epoca dei fatti falsamente contestati presidente del Consiglio, Walter Veltroni, Francesco Rutelli, Clemente Mastella, Lamberto Dini e sua moglie di aver intascato bustarelle per una somma complessiva pari al 40% del prezzo d’acquisto, 873 milioni di dollari, per propiziare l’affare concluso nel ’97.

Ben 52 episodi di calunnia tra il maggio e il settembre del 2003 sono riassunti nel capo di imputazione. Marini cita Prodi, Fassino e Dini (ribattezzati “Mortadella”, “Cicogna” e “Ranocchio”) quali destinatari di due ordini di pagamento da 125 mila euro. E anche i cardinali Camillo Ruini e Carlo Maria Martini. Il difensore di Marini, Giovanni Tripodi, aveva chiesto la concessione delle attenuanti generiche, sottolineando anche il ruolo che i media avevano abuto svolto nell’amplificare la vicenda, rafforzando il “proposito criminoso maturato dall’istrionica personalità di Marini”.