L’analisi di Bagnai prosegue parlando dei problemi legati alla rigidità del cambio asserendo che il debito pubblico non dipende dallo Stato corrotto, dai costi della politica ma da fenomeni macroeconomici. Come ho avuto modo di scrivere su questo blog, l’Europa e l’area della moneta comune in particolare, è un territorio privilegiato per comprendere la guerra economica in corso tra la dottrina keynesiana e quella neoliberista. Una guerra che i neoliberisti stanno stravincendo e la modifica dell’art.81 della Costituzione (che introduce il pareggio di bilancio) voluta da Monti (ex collaboratore come Draghi di Goldman Sachs) testimonia come anche in Italia i fautori (tra cui Bagnai) di un auspicabile ruolo dello Stato nell’economia stiano soccombendo.
Quindi l’euro è un metodo di governo. Sarebbe auspicabile utilizzare la medesima energia per superare il metodo e non solo la moneta che ne è una conseguenza, in altre parole va vinto il neoliberismo. Cosa servirebbe uscire all’euro se non si ripristina una sovranità monetaria come era nel nostro Paese prima del 1981? Inoltre, vanno superate le diseguaglianze: polarizzare le ricchezze in una società consumista come la nostra è l’origine dell’attuale crisi di domanda. Bagnai, prima di tutti, ha svolto con successo un ruolo divulgativo importante (questo grazie anche alla spinta dei molti sostenitori del M5S che l’hanno invitato ad incontri e suggerito in rete, anche se nel libro definisce Grillo arruffapopolo e il grillismo malattia senile liberismo) nel dilapidare il totem dell’euro. Lui, da economista, reputa che l’Italia possa farcela solo con un’altra economia, ma temo non sia così semplice. Per superare l’attuale bivio storico non basta una singola disciplina, occorre avere una visione multidisciplinare. Occorre ritrovare armonia con l’ambiente devastato dalla pretesa di voler crescere in maniera infinita in un pianeta finito.
E’ vero, l’euro è insostenibile e la corruzione non è la causa prima del debito, ma l’Italia può veramente farcela ed essere un paese civile e gradevole dove poter vivere solo se la legalità vince sul malaffare, la cultura sull’ignoranza, la dignità sul servilismo. E’ vero, durante i governi Craxi crescevamo del 3%, ma era un bel Paese? O era solo l’anticamera del ventennio berlusconiano che ha fatto sì che milioni di italiani quotidianamente siano ammaestrati da Signorini e Barbara D’Urso? L’Italia non può farcela se non si si ritrova una dignità che è stata cancellata da una classe politica indecorosa, non può farcela se non riesce a vincere l’omertà che copre i colpevoli che hanno deturpato il corpo di Stefano Cucchi o che costringe Roberto Saviano a nascondersi mentre la criminalità diventa sempre più Stato.
L’attuale dittatura economica non si vince con più economia, ma con una migliore economia e soprattutto con una politica partecipata che sia in grado di far intravedere una prospettiva e innescare un nuovo rinascimento indispensabile per il futuro del nostro Paese.