Mafie

Trattativa Stato-Casalesi: per evitare le bombe, gli 007 fecero accordi con i camorristi

Forse non è stata una trattativa tra Stato e cosca dei Casalesi ma sicuramente non è sbagliato parlare di una sorta di “promessa indecente”. Solite storie borderline di “riduzione del danno”,  messe in atto da entità non bene identificate: leggi settori dei servizi e apparati deviati. Sbirri, spioni, intermediari, strutture segrete e come per incanto ci ritroviamo dentro alle trame nascoste dello “Stato parallelo”.

Tra il 2008 e 2009 il boss dei Casalesi Giuseppe Setola, il finto cecato, a capo di una falange militare, – si è attribuito 46 omicidi – semina il terrore nel casertano. Agisce con un gruppo di efferati killer armati di kalashnikov e bombe. Impongono la “propria” legge facendo scorrere fiumi di sangue. Imbottiti di cocaina, onnipotenti e impuniti mettono in atto una vera e propria strategia stragista di tipo corleonese. Sono giorni tragici: si comincia con l’uccisione di sette cittadini africani a Castel Volturno e poi è un continuo di omicidi a strascico.

E’ una furia Setola: in assenza dei capi – alcuni latitanti e altri in galera – prende il comando e agisce d’impeto. Nel mirino finisce anche il povero Domenico Noviello, un imprenditore perbene, un eroe silenzioso, che in tempi difficilissimi, prima fa arrestare e poi condannare gli estorsori dei Casalesi. Il suo nome è al primo posto nella black list. Anche lui è eliminato per vendetta. Era il 16 maggio del 2008 a capo della spedizione c’è proprio ‘O Cecato. Senza pietà, il gruppo di fuoco crivella di proiettili Noviello mentre è a bordo della sua auto. Dolore, sofferenza, rabbia.

E pochi giorni fa, per quell’efferato omicidio, c’è stata la durissima sentenza pronunciata dai giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere: ergastolo all’intero commando di fuoco. Dicevamo, lo Stato tentò di mettersi di traverso e spezzare quel disegno criminoso. Un approccio che puntò a creare un canale di dialogo con il latitante Antonio Iovine detto ‘O Ninno (oggi collaboratore di giustizia). La trattativa – sostengono le carte del pool anticamorra partenopeo riportate da alcuni quotidiani – passò attraverso un incontro riservatissimo tenutosi pare a pochi chilometri da Viareggio. Qui un emissario del padrino tale Maurizio di Puorto, pregiudicato per estorsione e associazione camorristica, e alcuni 007 non identificati s’incontrarono.

Due le richieste: l’arresto di Setola e dei componenti del suo gruppo, la fine della strategia stragista. Sembra che in cambio lo Stato  garantisse a Iovine e sottoposti libertà assoluta nei loro territori d’influenza e altre utilità. A spingere agli “indicibili accordi” un’allarmante intercettazione ambientale in cui due camorristi alludevano all’arrivo in Campania di 50 chili di tritolo. Esplosivo da utilizzare per operazioni plateali: colpire magistrati, esponenti delle forze dell’ordine e giornalisti.

La trattativa, a quanto parrebbe, non andò in porto. Iovine, infatti, pretende dalle “entità” la scarcerazione immediata della moglie Enrichetta finita dietro le sbarre per un’estorsione e altri vantaggi. Il boss latitante elabora le sue richieste in un documento: una sorta di papello. Lo affida a un altro suo fedelissimo, tale Benedetto Cirillo, suo vivandiere.  Il fascicolo giudiziario sulla presunta trattativa Stato-camorra è destinato sicuramente a ingrossarsi e diventare un fiume in piena.

Una trattativa non riuscita che forse ne seguirono altre. Saranno coincidenze, infatti, ma l’arresto di Setola, lo smembramento del gruppo di fuoco, la cattura dello stesso Iovine e dell’imprendibile padrino Michele Zagaria sono solo frutto dell’impegno dello Stato e del cosiddetto “Modello Caserta” tanto pubblicizzato dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni oppure di latro? Interrogativi a cui il pool di magistrati partenopei sta tentando – attraverso indagini segretissime – di dare risposte.

E’ chiaro che il cuore dell’inchiesta dovrà chiarire: chi ha autorizzato gli 007 a prendere contatti con i capi dei Casalesi, chi poteva – in caso di accordo – garantire i vantaggi ai camorristi e più che altro perché i magistrati non sono stati avvisati delle iniziative coperte? Insomma sembra di essere ripiombati di botto ai tempi del “caso Cirillo” dove vertici istituzionali, apparati dello Stato, servizi, camorra e terroristi seduti attorno allo stesso tavolo decidevano il da farsi bypassando le leggi. Tornano i soliti scenari torbidi, inesplorati che fanno apparire le mafie per un attimo nella loro vera essenza e sostanza.

Twitter: @arnaldcapezzuto