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Stime Pil: Italia in ginocchio, per la crescita vera ci vuole di più

Le stime preliminari del Pil per il terzo trimestre migliorano leggermente il quadro per l’Europa, ma non per l’Italia. Il sentiero di crescita per la nostra economia rimane stretto. Serve una riforma fatta e finita che ridia fiducia a famiglie e investitori.

di Francesco Daveri, 14.11.14. lavoce.info

Il ritorno di una crescita moderata in Europa

Le stime preliminari del Pil per il terzo trimestre del 2014 migliorano lievemente il quadro rispetto al secondo trimestre per l’Europa nel suo complesso. La crescita accelera marginalmente allo 0,2 per cento nell’eurozona e allo 0,3 per cento nell’Unione europea a 28 paesi. Il continente fa registrare il sesto trimestre consecutivo di crescita: crescita contenuta ma positiva. Ma la crescita in Europa rimane lontana dalle dinamiche registrate nello stesso periodo in America (+0,9 per cento sul secondo trimestre) e nel resto del mondo (+1,9 la Cina, +1,2 l’India, +1 per cento il Messico, +0,9 la Corea del Sud). Anche all’interno dell’Europa la graduale ripresa della crescita (su cui potrebbe aver pesato in positivo anche la revisione dei conti operata proprio nel terzo trimestre 2014) comincia a sovvertire alcune regolarità consolidate dei primi anni della crisi infinita.

La linea divisoria tra chi cresce e chi non cresce non è più euro nord vs euro sud. Tra i paesi dell’euro sud, Italia e Cipro sono ancora in recessione (in misura attenuata l’Italia). Ma altri paesi ieri sull’orlo del default o in default conclamato oggi hanno ripreso a crescere: oltre alla conferma della Spagna (che fa registrare un +0,5) la Grecia è il paese dell’eurozona che mostra una crescita più rapida di tutti (+0,7). Poi c’è il Portogallo che cresce in linea con la media dell’eurozona, mentre l’Irlanda nei primi due trimestri ha evidenziato una crescita stellare. Pare proprio che i paesi che si sono sottoposti alla cura da cavallo di duri aggiustamenti fiscali negli anni passati e – per questo – hanno anche goduto dell’assistenza finanziaria anche dai grandi paesi ora in difficoltà hanno tutti ripreso a crescere. LA combinazione di riforme e assistenza europea funziona, dicono i dati.
Parlando di gerarchie che cambiano, a crescere meno della media sono oggi Germania, Austria e Olanda. Gli ex-paesi dell’area del marco hanno innestato la ridotta, e non da oggi, proprio mentre vanno a gonfie vele i paesi dell’Est Europa (soprattutto Polonia, Romania e Slovacchia) come anche i paesi del nord Europa fuori dall’Euro (Regno Unito e Svezia). Al riguardo pesano le delocalizzazioni manifatturiere.
Fatto 100 il livello della produzione manifatturiera in Germania nel 2007, tale livello era ritornato, dopo la caduta del 2008-09, ancora a 100 ma solo nel 2013 (mentre in Italia si fermava a 76,5). Nello stesso periodo, sarà un caso ma la produzione manifatturiera della Slovacchia è salita a 124 e quella della Romania a 123.

L’Italia che si avvita

Con l’Eurozona che non cresce abbastanza, il sentiero di crescita per l’economia italiana rimane stretto. Rispetto all’autunno 2013, semmai, si registra una differenza in negativo.
Allora le variabili che di solito anticipano l’evoluzione futura dell’economia mostravano segni positivi: gli ordinativi dell’industria erano ripartiti, facendo segnare a settembre 2013 un +4,2 per cento rispetto al minimo di febbraio 2013. E anche l’indicatore PMI manifatturiero di Markit indicava una netta inversione di tendenza tra la prima metà del 2013 (in netto calo) e la seconda metà 2013 (in netta ripresa). Sulla base di questi dati, prevedere una ripresa per il 2014 era trarre la logica conseguenza dall’evidenza esistente dai consueti indicatori anticipatori delle fasi ascendenti e discendenti del ciclo economico.

Una riforma fatta e finita per ridare fiducia

L’unica consolazione è che, di fronte ai numeri che descrivono un’economia italiana in ginocchio, è improbabile che l’Europa calchi troppo la mano nel chiedere tagli ulteriori per produrre aggiustamenti algebrici di un bilancio pubblico che senza crescita non ha speranza di stare in piedi. Più che in passato, è però urgente che il governo – tagliando il nastro di almeno una riforma completata dalla A alla Z entro la fine dell’anno – trovi il modo di ridare fiducia all’economia, agli investitori internazionali come alle imprese e alle famiglie che la fiducia l’hanno persa, e con qualche buona ragione.