Cultura

Beni culturali: a Roma la Sovraintendenza cerca volontari. E lascia a casa archeologi e storici dell’arte

Parlando a pochi giorni dalla sua investitura, agli inizi dello scorso maggio, Claudio Parisi Presicce, rilanciava su “conservazione e valorizzazione, che sono i compiti principali della Sovraintendenza comunale”. Un proclama tutt’altro generico. Anzi, ancorato a casi specifici. Come quello del Museo Napoleonico nel Palazzo della famiglia Primoli-Bonaparte, il Barracco, il Canonica dentro Villa Borghese, il Bilotti nell’Aranciera di Villa Borghese, il Museo delle Mura, della Repubblica Romana a Porta San Pancrazio, la Casa Moravia e il complesso archeologico della Villa di Massenzio sulla via Appia antica.

Gli otto musei minori del Patrimonio comunale la cui stessa esistenza, in occasione della discussione sul bilancio, era stata messa in discussione. “Quei musei sono molto importanti anche per il loro ruolo di conservazione… La loro esistenza non è in pericolo. Stiamo pensando ad un progetto in cui coinvolgere anche volontari”, spiegava l’ex direttore dei musei capitolini e di tutta l’area musei di Roma. Detto, fatto! Il progetto, realizzato! Sul sito della Sovraintendenza comunale pubblicato l’“avviso pubblico per la ricerca di associazioni di volontariato, associazioni culturali per lo svolgimento di attività gratuite, da svolgersi presso Musei ed aree archeologiche e monumentali di competenza della Sovraintendenza comunale”.

La lettura integrale dell’avviso consente di conoscere i dettagli dell’operazione. Soprattutto, di addentrarsi nell’idea di valorizzazione perseguita anche dalla Sovrintendenza comunale. I beni di carattere storico, artistico, i siti monumentali, archeologici e monumentali, sono il fulcro. “Aumentarne e migliorarne la fruizione, consentendo inoltre di rendere visitabili siti che diversamente non sarebbero aperti in modo continuativo al pubblico” sono gli obiettivi da raggiungere. Insieme al “supporto alla vigilanza dei siti… al fine di aumentarne il decoro e la sicurezza”.

Le modalità e gli strumenti, chiari. D’altra parte “Il volontariato rappresenta… una risorsa importante per il concorso alla salvaguardia dei beni culturali”. Attività dalle 10 alle 16 con l’eccezione di Casa Moravia. Con compiti di prima accoglienza dei visitatori e supporto alla vigilanza, ma anche informazione, orientamento e accompagnamento di singoli e gruppi. Naturalmente il tutto “a titolo gratuito”, con un piccolo rimborso spese. Insomma la deriva delle professionalità mascherata dal coinvolgimento del terzo settore prosegue… A vele spiegate. D’altra parte il volontariato cresce e continua a farlo anche in tempo di crisi: lo dimostra uno studio, con tanto di cifre e proiezioni, presentato alla prima giornata del Festival nazionale del Volontariato di Lucca, nello scorso aprile.

Legittima quindi la ricerca di supporto da parte di istituzioni del Mibact in quel contenitore quasi inesauribile di risorse umane a costo zero. Il ragionamento, semplice. Perché pagare qualcuno per fare qualcosa quando è possibile avere il medesimo servizio senza alcuna spesa? Il problema forse è che non sempre il servizio “è il medesimo”. Almeno per quel che riguarda l’informazione. Ma evidentemente questo elemento non deve essere ritenuto così importante. Per cui, va bene così.

Semmai meno legittimo è il tentativo, neppure tanto velato, di sostituzione di professionalità specifiche. Di una loro progressiva, sostanziale, esautorazione. Sfumata per alcuni la possibilità di entrare all’università, per altri in qualche Soprintendenza, per la gran parte degli archeologi, storici dell’arte ed anche restauratori, eterni free lance, le possibilità occupazionali nel settore non sono poi molte. Diminuendo gli incarichi specifici, insomma indagini archeologiche, restauri, ci si attrezza come si può. Anche come sorveglianti in musei, aree archeologiche e luoghi d’arte.

Almeno finora è stato così. Fino all’avviso pubblico della Sovraintendenza. Gli spazi, le possibilità si riducono ancora. Anche perché trova sempre più spazio, applicazione diversa, l’idea che sia possibile ricorrere ad interventi per cosi dire esterni. E Roma in questo sembra essere all’avanguardia. Per lo studio e la catalogazione dei materiali conservati presso l’Antiquarium dei Musei Capitolini, avvalendosi dei “ricercatori di Musei ed Università tra le più prestigiose del Nord America e di tanti altri paesi del mondo”, come prevede il programma “The Hidden Treasure of Rome”, per il quale il Comune di Roma e il Gruppo Enel hanno recentemente siglato un protocollo d’intesa. “Un lavoro che se Roma dovesse fare da sola, con le proprie risorse, richiederebbe decenni. Oggi, invece, possiamo avvalercene a costo zero”, ha sostenuto orgoglioso il sindaco Marino.

Eccoli i requisiti imprescindibili. L’azzeramento dei costi. Poco importa se tutto questo provoca il soffocamento mortale delle intelligenze coltivate tra lezioni ed esami all’università e esercitazioni sul campo coordinate dalle Soprintendenze. Le leggi del mercato sono implacabili. Largo ai volontari. Avanti con una concezione di archeologia e storia dell’arte che, a dispetto di ricostruzioni virtuali, tecniche raffinatissime e strumentazioni altamente tecnologiche, sembra avere sempre più elementi in comune con quella ottocentesca. E’ così che la deriva non sembra arrestarsi.