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LuxLeaks e giornali: il fango a orologeria degli euroscettici su Juncker

Il giornalismo ad orologeria dell’opportunismo euroscettico scatta puntuale con il LuxLeaks, lo scandalo che punta contro il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. L’accusa: essere stato premier del Lussemburgo per 18 anni ed avere applicato, a vantaggio del proprio Paese, le leggi del proprio Paese, per altro legittime nell’Ue. Come lo sono quelle, non molto diverse, dell’Olanda e dell’Irlanda, tanto per dirne due. La miccia è britannica, la benzina italiana, nel segno della nuova blasfema Alleanza tra Cameron e Renzi – Cameron, del resto, l’ha subito abiurata, negando, unico fra i 28, il benché minimo sostegno britannico alla nuova operazione europea Triton di pattugliamento navale delle frontiere mediterranee.

Ma c’era forse qualcuno che ignorava, A) quando i leader del Ppe scelsero Juncker come candidato alla presidenza della Commissione, B) quando la maggioranza relativa dei cittadini europei andati a votare in maggio diedero il loro consenso ai partiti che lo appoggiavano, C) quando i leader del Pse decisero di sostenerlo barattando la presidenza della Commissione con l’Alto Rappresentante della politica estera e di sicurezza europea – donde Federica Mogherini, D) quando il Parlamento europeo ne votò l’investitura a larghissima maggioranza, popolari, socialisti, liberali e altri, larghe intese europee; c’era mai qualcuno che ignorava che Juncker fosse stato premier lussemburghese per 18 anni?, e presidente dell’Eurogruppo per sette anni? E c’era mai qualcuno che ignorava che cosa fosse, dal punto di vista fiscale, il GranDucato, l’Alfieri direbbe “un’universal banca”?

Paiono tutti angioletti, adesso. Nonostante proprio ora il segreto bancario e altri simili ammenicoli abbiano i giorni contati nell’Unione europea. Almeno, il governo britannico, a Juncker gli ha votato contro. Ma l’italiano, no: lo ha appoggiato e ci racconta pure che la “nuova Europa” comincerà dal piano di investimenti da 300 miliardi di euro in cinque anni della Commissione Juncker. Eppure, ci voleva davvero coraggio a fare passare per ‘homo novus’ un politico così esperto e moderato: andatevi a rileggere, su questo blog, se vi torna utile, le cronache dei dibattiti fra i candidati alla presidenza della Commissione per ricordarvi che Juncker è meno europeista di Guy Verhofstadt, meno idealista di Alexis Tsipras e meno ‘pro crescita ed occupazione’ di Martin Schulz.

Ma non per questo merita una gogna mediatica. Poi sono cominciati gli screzi. Forse non c’entra nulla, ma i siluri anti-Juncker partono dopo che l’Esecutivo di Bruxelles ha presentato ai governi dell’Ue il conto del nuovo computo del Pil, quello che include sommerso ed alcune attività dell’economia illegale.

L’Italia lo attendeva con ansia: pensava di guadagnarci, nel computo della percentuale del debito. Invece, i guadagni sono stati marginali, mentre la Commissione batte cassa: Roma, come Londra e altre capitali, deve versare nelle casse di Bruxelles la differenza fra i contributi al bilancio comunitario calcolati con il metodo precedente e quelli calcolati con il nuovo metodo; mentre molte capitali, fra cui Berlino e Parigi, hanno pagato di più e hanno diritto a rimborsi.

Apriti cielo! Londra dice “Non pago”; Roma, che pure era favorevole al cambio di computo, recalcitra. E, intanto, parte la macchina del fango su Juncker. Scommettiamo che presto qualcuno tirerà fuori che non c’è mai stata peggior jattura nella storia della Commissione europea che un lussemburghese alla presidenza: dal 1980 all’ ’84, il liberale Gaston Thorn concise col periodo più moscio della storia dell’integrazione: e nel 1999, il popolare Jacques Santer dovette dimettersi in anticipo con tutto l’Esecutivo per storie di corruzione. Ma, anche questo, lo scopriamo ora?