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Coni, con i tagli al calcio festeggiano il nuoto del ‘nemico’ Barelli… e il ping pong

Polemiche sulla distribuzione dei contributi aggiuntivi: briciole alla scherma e al comitato paralimpico, un milione in più in piscina e sulle piste d'atletica. Presidente Fidal: "Pronti a dimostrare di meritare fiducia"

L’atletica e il tennis, che avevano guidato la rivolta. La pallavolo e il basket, sport nazionali un gradino sotto il calcio. Ma anche il nuoto di Paolo Barelli, acerrimo nemico di Giovanni Malagò. E un ‘insospettabile’, ovvero il tennistavolo, che fa avanzare qualche dubbio sui nuovi criteri di distribuzione dei contributi Coni. Dal taglio ‘storico’ di 25 milioni di euro al mondo del pallone (leggi) ci guadagnano praticamente tutti: una pioggia di soldi di cui gli sport minori dovranno approfittare nei prossimi anni per diventare un po’ meno piccoli.

Ironia della sorte, la disciplina che porterà a casa più soldi è proprio il nuoto di Barelli, con cui il Coni e Giovanni Malagò sono in guerra aperta da più di un anno per la vicenda delle presunte “doppie fatture” per i lavori alla piscina del Foro Italico: e proprio a 24 ore dalla decisione del Consiglio (ma i due fatti non sono in nessuna maniera correlati), la disciplinare Fin ha dimezzato da 16 a 8 mesi la squalifica nei confronti del numero uno del Comitato olimpico, comminata a settembre per violazione degli obblighi di lealtà sportiva (leggi). Una sentenza positiva per Malagò: resta infatti la condanna, ma viene meno il pericolo dell’incompatibilità con la presidenza Coni, che sarebbe scattata per una squalifica definitiva superiore a un anno. La Fin, invece, guadagna un milione di euro in più sul 2014. Ma c’è un aspetto da non sottovalutare: Malagò forse non sarà contento di aver fatto un favore al suo acerrimo nemico. Ma anche lui beneficerà dei nuovi criteri, in qualità di presidente del Circolo Canottieri Aniene.

Dietro il nuoto ci sono a stretto giro di posta la Fidal (atletica leggera) con 990mila euro in più; la Federazione di judo, lotta, karate e arti marziali (Fijlkam) con 800mila euro; la pallavolo (Fipav), che potrà aggiungere allo slancio dei recenti mondiali in Italia circa 730mila euro, per uscire dalla crisi che la attanaglia. Poi anche ciclismo (613mila euro), pallacanestro (660mila euro) e tennis (695mila euro). Proprio il presidente della Fit, Angelo Binaghi, ieri era stato tra i più duri nei confronti della Figc: “Avremmo preferito parametri nudi e crudi, senza paracadute per chi non lo merita”, aveva detto in Consiglio nazionale. Si consolerà comunque con un aumento del 25% netto del fatturato.

Non sono comunque loro le discipline più privilegiate dalla riforma: in termini di percentuale relativa, infatti, la maggior beneficiaria del provvedimento è la Fitet, la federazione tennistavolo, che crescerà del 28,56%, molto vicino al massimale del 30% fissato dal presidente Malagò. Eppure non si tratta certo dello sport più popolare, o con più tesserati, o che ha portato più risultati a livello olimpico all’Italia (mai una medaglia ai Giochi). Segno che forse non tutto funziona nei nuovi criteri. Ci sono anche altri numeri che lasciano perplessi: la scherma, vera eccellenza dello sport azzurro, incrementa solo del 15%. E si poteva fare decisamente di più per il Comitato paralimpico, cui andranno appena 100mila euro, nonostante l’alto numero di discipline e di disabilità da gestire.

Comunque sia, adesso la palla passa nelle mani di tutti questi sport, chiamati a spendere bene le risorse aggiuntive. “Abbiamo già predisposto un piano – spiega a ilfattoquotidiano.it il presidente dell’atletica leggera Alfio Giomi, tra i principali promotori del cambiamento – 300mila euro serviranno come una tantum nel 2015 per pagare arretrati dei comitati sul territorio. Il resto lo spenderemo tutto nel settore tecnico, per retribuire e formare meglio i nostri allenatori: è l’aspetto su cui abbiamo il gap maggiore rispetto al resto d’Europa. Con questi soldi potremo crescere ed uscire dalla crisi”. Adesso al Coni si aspettano gli effetti di questa “rivoluzione democratica”: più soldi vuol dire anche più responsabilità, le Federazioni nei prossimi anni dovranno portare a casa risultati importanti. “È evidente che sia così – conclude Giomi – Ma noi siamo pronti a dimostrare di meritare questa fiducia: non chiedevamo altro”.

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