Società

Tetto stipendi a Montecitorio, la farsa dei tetti netti (e non lordi)

Ci sono deputati che, ogni tanto, inaspettatamente, si guadagnano il loro stipendio non solo facendoci passare minuti di intenso piacere ma anche dicendo, vox clamantis in deserto, che il “re è nudo”. È il caso di Andrea Vecchio, di Scelta Civica, le cui parole sulla farsa del taglio agli stipendi ai dipendenti della Camera sarebbero da ricordare, per la loro lucidità unita a una certa dose di ironia e sarcasmo. Il tetto agli stipendi deciso pomposamente dagli Uffici di Presidenza della Camera è una mezza farsa. Infatti, come ha scritto Vecchio, suscitando, chissà perché, persino le ire del suo partito tutto rigore, tagli e meritocrazia, “molti dipendenti continueranno a superare il tetto dei 240.000 euro, il che significa che un commesso con qualche decina di anni di servizio guadagnerà più di un’astronauta, di un primario di chirurgia oncologica e di un ingegnere”.

Di più: oltre a costare immensamente, i dipendenti della Camera, secondo Vecchio, sono “improduttivi”, “grottescamente remissivi e servizievoli con i cosiddetti onorevoli” e percepiscono “buste paga da sogno senza avere nessuna competenza che le giustifichi”. Al di là di qualche aggettivo di troppo (il deputato ha scritto nella nota “mansuetudine bovina”) e di una generalizzazione forse un filo demagogica – ma avendo avuto modo di conoscere l’ambiente dall’interno posso assicurare che Vecchio non ha tutti i torti – lo scandalo è talmente grave da rendere veramente poco comprensibili, piuttosto, le reazioni  difensive di Laura Boldrini e Marina Sereni, rispettivamente presidente e vicepresidente di Montecitorio. Le quali, inconsapevoli di aver portato a casa un compromesso che ai loro occhi appare miracoloso, mentre agli occhi di chi guarda fuori resta del tutto insufficiente – i tetti restano comunque altissimi e i tagli saranno progressivi – hanno attaccato Vecchio, invece dei sindacati che vogliono portare in tribunale, agitando la Costituzione…l’ufficio di presidenza della Camera.

Ma la cattiva coscienza di questa operazione è evidente soprattutto in un fatto: che incredibilmente, per i dipendenti della Camera lo stipendio calcolato non è quello lordo, come per tutti i comunissimi mortali, i quali si ritrovano esclusi da servizi essenziali con Isee da 10.000 euro lordi all’anno, ma – incredibile!! – quello al netto di oneri previdenziali e di indennità di funzione, il che dovrebbe rendere obbligatorio tirare fuori le vere cifre, non “vendere” tetti che poi sono falsi nella realtà. 

È chiaro: sparare sugli stipendi dei dipendenti della Camera è fin troppo facile, mentre ci sono privilegi ben più silenziosi e nascosti o altri sui quali si è fatto molto meno (in assoluto: i vitalizi). Ma resta il fatto che i dipendenti non possono  pretendere tutti gli onori che derivano dal far parte di un’istituzione prestigiosa e poi non accettare ciò che questa prestigiosa istituzione decide su di loro. La politica dà e la politica toglie, forse dovrebbero farsene una ragione. Sono un simbolo, e per quanto scomodo anche questo, con un po’ di lucidità, dovrebbe essere loro auto-evidente. Neanche il più privilegiato ama vedersi tagliare i propri privilegi, specie quando si tratta di consistenti parti dello stipendio, ma stiamo parlando di stipendi così alti, così carichi di benefit di ogni tipo e del tutto non commisurati con merito e prestazioni che il silenzio sarebbe stato preferibile ad alla contestazione garibaldina…in difesa dello status quo

Ma poi quei dipendenti dovrebbero vederla anche in termini di autotutela. Ormai è rimasto solo Renzi a inneggiare all’ottimismo, visto che lo stesso Padoan sta ormai da tempo paventando per l’Italia una situazione drammatica, lo spettro di una crisi senza fine, che rischia di far saltare la coesione sociale. In questo clima di guerra tra poveri, chi fa parte dell’ancien régime farebbe bene a dare segni di apertura, almeno per evitare linciaggi, verbali e magari anche reali. Per i più lungimiranti non dovrebbe essere difficile capirlo.