Economia

Conti pubblici, Padoan chiede a Bruxelles più rigore. Ma verso la Germania

Il ministro dell'Economia, intervenuto a Montecitorio, ha lamentato che "le pressioni sui Paesi in deficit sono più forti" di quelle "su Paesi in surplus". Come Berlino, che ha un eccesso di avanzo commerciale. Ovvero esporta troppo rispetto a quanto importa, con conseguente negative per il resto dell'Unione. Padoan ha poi ribadito la richiesta di maggiore flessibilità per tener conto del quadro macroeconomico peggiorato

“Le pressioni sui Paesi in deficit sono più forti” di quelle “su Paesi in surplus“. Al contrario, “in una visione globale e di sistema le pressioni dovrebbero essere più simmetriche e questo è esplicitamente riconosciuto nelle linee di applicazione del sistema di sorveglianza del six pack dell’Unione“. A chiederlo è stato il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, intervenendo alla Conferenza interparlamentare sul fiscal compact a Montecitorio. E quelle parole, fuor di tecnicismo, vogliono dire una cosa sola: Bruxelles sia più severa con la Germania. Che è sì virtuosa per quanto riguarda il debito pubblico e il deficit, ma risulta invece inadempiente sul fronte della bilancia commerciale. La sua è da cinque anni in surplus. Insomma, esporta troppo e importa troppo poco, il che crea problemi al resto dell’Unione perché tende a rafforzare l’euro e a ridurre l’export degli altri 27 Paesi. E il pacchetto di regolamenti europei “Six pack”, quello stesso che impone di tenere strettamente sotto controllo il debito, lo vieta. Eppure, come evidenziato da Padoan – pur senza citare direttamente Berlino e la cancelliera Angela Merkel – su questo aspetto la Commissione Ue chiude un occhio.

“Rivedere il patto di bilancio” alla luce del peggioramento dell’economia – Di qui la lamentela del ministro, che ha poi ribadito la richiesta di maggiore flessibilità per tener conto di una situazione economica peggiore del previsto. Il patto di bilancio è stato concepito “in un quadro macroeconomico più favorevole”, ha detto, per cui va interpretato cum grano salis. In particolare occorre “tener conto delle difficoltà del quadro e delle circostanze eccezionali soprattutto di alcuni Paesi” e renderlo “più potente e orientato alla crescita“. Attualmente infatti la Ue deve fronteggiare una “combinazione molto preoccupante” di “bassa crescita, alta disoccupazione, scarsi investimenti e bassa a o nulla inflazione“. E si trova “di fronte a un bivio tra due sentieri possibili. Possiamo immaginare l’Europa dei prossimi anni come una situazione di conti stagnanti e bassa crescita oppure possiamo immaginare che finalmente sia in grado di saltare su di un sentiero diverso, di crescita”, che consenta di “produrre ricchezza e offrire lavoro“.

“Nuovo approccio, non più solo austerità” – Per farlo serve però un “nuovo approccio”: “La nuova parola d’ordine in Ue è policy mix, non più solo austerità”. Il mercato unico non può fare a meno di “un uso più efficace” delle risorse nazionali ed europee, come i fondi della Banca europea degli investimenti, e di riforme strutturali, soprattutto “quelle che servono a generare prospettive di investimento attraverso più integrazione”, soprattutto in settori come “trasporti, energia, Itc e uno spazio europeo per l’innovazione“. Il tutto affiancato ad azioni sulla liquidità e sul credito. Fronte sul quale secondo Padoan “le autorità monetarie in Europa hanno imboccato una strada importante e innovativa”. Per quanto riguarda gli investimenti, secondo Padoan, bisogna puntare ”soprattutto su quelli privati, perchè sono nel privato le risorse importanti da mobilitare”. Ma “non si mobilitano se non c’è certezza sull’orizzonte temporale, se non c’è fiducia che le regole rimarranno nel tempo, non saranno cambiate e saranno favorevoli a crescita”. Altrimenti “ci si concentra sull’aggiustamento immediato, di breve termine, che purtroppo non aiuta a risollevare la crescita”.

“Troppo ottimistiche le stime di crescita”. Le cause? “”Non sono state ben comprese” – Poi il capitolo dedicato alla situazione economica italiana, alla vigilia dell’approdo in Consiglio dei ministri dell’aggiornamento del Documento di economia e finanza che, stando alle indiscrezioni, darà per quest’anno il pil in calo dello 0,2-0,3% contro una previsione di crescita dello 0,8% contenuta nella versione presentata in aprile. “Le stime di crescita sono state eccessivamente ottimistiche fino a pochi mesi fa”, ha ammesso il titolare di via XX Settembre, che ha appena incassato il via libera del neonato Ufficio parlamentare di bilancio alle nuove stime. “La crescita si è dovuta spostare più in là nel tempo e alcune cause non sono state ben comprese. I problemi che abbiamo di fronte sono più profondi di un semplice andamento ciclico”. Quanto alle riforme, “c’è bisogno che ci sia sufficiente tempo perché i benefici si possano vedere e che ci sia consenso, perché sono state condivise e discusse nelle sedi istituzionali appropriate”. Il ministro ha poi affermato di essere “decisamente a favore di misure che possano diminuire il cuneo fiscale. Il governo ne ha prese in passato e ne stiamo studiando altre in ambito della legge di stabilità”. Peccato che, nel frattempo, l’entrata in vigore delle misure previste dalla legge Fornero stia determinando un incremento dei contributi a carico delle imprese con oltre 15 dipendenti e appartenenti a settori non coperti dalla cassa integrazione ordinaria e straordinaria.