Cinema

‘Perez’: un noir italiano, anzi europeo

Una Napoli insolita fa da sfondo gelido e corruttibile per l’incontro tra un popolare attore con alle spalle un personaggio poliziesco positivo quanto evergreen, e un giovane uscito dall’ultima serie tv fenomeno prodotta da Sky: Luca Zingaretti e Marco D’Amore

Più che rielaborare un genere, il noir, con il suo secondo lavoro, Perez, Edoardo De Angelis rielabora una città, quella partenopea, scartando a priori l’immaginario portato di solito tra vicoli, lungomare o alle falde del Vesuvio. Sono di vetro, acciaio e cemento le architetture plumbee e luccicanti che avvolgono Demetrio Perez. L’avvocato d’ufficio con il volto di Luca Zingaretti, ultima spiaggia per i criminali più incalliti, vive e lavora nel Centro Direzionale di Napoli, «una specie di cuore freddo della città dal quale si viene risucchiati fin dalla prima inquadratura» per il regista. E ancora di più per lo spettatore da un movimento di macchina su una panoramica del golfo e della città che si rivela un riflesso frontale sui vetri di un grattacielo.

Il piccolo giurista, uscito perdente dal proprio divorzio e con una figlia ventenne che lo rispetta a malapena imponendogli la propria relazione con il giovane pregiudicato interpretato da Marco D’Amore, rosicchia la vita e le briciole della carriera insieme al collega Merolla, character grottesco ben impersonato da Giampaolo Fabrizio.

Possibilità di riscatto e occasione per allontanare la figlia dal pregiudicato sarà la proposta pericolosa e irrifiutabile di un ambiguo collaboratore di giustizia da lui assistito. Massimiliano Gallo ne ricopre il ruolo in modo magistrale tentendo implacabilmente i fili del protagonista Zingaretti. L’aria che si respira in questo secondo lavoro di De Angelis è quella di un noir composto in una bolla inedita di napoletanità visiva, di peso sì, come la sceneggiatura tessuta con classe da Filippo Gravino, ma da un’ironia della sorte che percorre ogni singolo personaggio capovolgendone con stile asciutto e coerente i tratti distintivi iniziali. Il tutto mantenendo una solida formalità drammatica che eleva tutto il film a un respiro estetico e narrativo internazionale, adatto al mercato europeo e non solo. E a tal proposito non è soltanto una diceria che alcune major americane si siano già avvicinate alla produzione per rilevarne i diritti con l’obiettivo di un prossimo remake. Del quale francamente non sentiamo proprio la mancanza, ma che ai nostri tempi di colonialità dal cinema a stelle e strisce equivale a un encomio commerciale vagamente paragonabile a quello artistico di un Oscar al Miglior film straniero.

«Il bene è la sopravvivenza, e il male è soccombere» per Zingaretti, in una riflessione sull’evoluzione del suo personaggio nella storia, durante la presentazione del film. Qui anche produttore, calandosi in questo bel character sembra lo costruisca non facendo luce su di lui, bensì dall’insieme di piccole ombre che sceneggiatura e regia gli seminano intorno. La scelta obbligata o meno del suo eroe codardo vede davanti a sé una coppia d’attori che sono le spezie del film. Non è solo un gioco di parole che a impersonare la figlia di Perez sia l’esordiente Simona Tabasco. Più che un oggetto del contendere la sua presenza accende la storia scardinando l’esistenza del padre. Mentre nei dialoghi focosi in ogni ciak con D’Amore è la controparte di un felice scambio di energia tra due attori giovani nella carriera quanto di pregio.

Uscirà in Italia il 2 ottobre in 180 copie e all’ultima Mostra del Cinema di Venezia è stato uno dei film più applauditi. L’appoggio del progetto da parte di Zingaretti sia come produttore che come attore è stato fondamentale per la gestazione, ma soltanto in un anno e mezzo dalla stesura Perez ha visto la luce. Tempi brevi e un risultato ottimo.