Cultura

X Factor 8, quando il talent non incrocia il talento

Le parole sono importanti, recitava una scena ormai mitica di Palombella rossa, film culto di Nanni Moretti. Convengo, sarà anche deformazione professionale. Per questo, ieri sera, quando ho sentito reiterare la formula “schizzato in vetta nella Top Digital Download”, con toni epici degni di una impresa eroica, ho provato la stessa fitta allo stomaco che muoveva il politico del Pci in crisi politica portato sul grande schermo dal regista romano. Come si fa, mi sono chiesto, a parlare di finire in vetta alla Top Digital Download come se fosse qualcosa di incredibile, tipo scalare la vetta del K2? Stiamo parlando di numeri così bassi da essere alla portata di chi intende investire qualche centinaia di euro. Anni fa ne parlò, con la sincerità che la contraddistingue da sempre, Caterina Caselli, Nostra Signora della Discografia, a Sanremo, quando le si chiedeva dell’ottimo piazzamento digitale dell’album d’esordio di Malika Ayane

Top Digital Download, come dire, si è piazzato primo nel campionato parrocchiale, spezzando le reni agli avversari dell’oratorio. Il niente ricoperto d’oro resta niente, diceva mia nonna.

Ma andiamo con ordine. È ricominciato X-Factor, e, complice la morte autoindotta della discografia, in molti tra gli addetti ai lavori guardano allo show di Sky come a qualcosa di miracoloso. Si finisce in vetta alle classifiche di download, dicono con fare epico, e tutti a stringersi le mani, sperando ancora in un domani.

Nei fatti, se di miracolo si può o si vuole parlare, è di quello che permetta a un programma visto da un numero ancora più risibile di persone, sempre o quasi sotto il milione di anime, come mai, credo, capita a un qualsiasi programma di Mamma Rai, di essere così al centro dell’attenzione. Sarà, appunto, che tutto intorno non c’è niente, neanche la morte nera. Sarà che Sky ha un ottimo ufficio stampa, e riesce nel miracolo, ancora, di accendere i riflettori, specie sui social, laddove non riesce a piazzare gente davanti ai televisori. Sarà che pur di non vedere il film in bianco e nero su La7, uno, si sta pure a sentire quella simpatia di Victoria Cabello discettare di musica, manco fosse materia di cui capisce qualcosa.

Nei fatti X-Factor è X-Factor, un talent in cui tutto si vede fuorché il talento, sorta di karaoke in cui si imbriglia il poco che c’è in cover improbabili, in cui l’occhio ha spesso più parte dell’orecchio, e in cui sono gli autori tv ad avere l’ultima parola sullo spettacolo, ben più dei giudici e del pubblico (i concorrenti neanche li voglio prendere in considerazione, in questa sede). 

Che poi, diciamocelo, perché mai uno come Fedez, che da queste parti è pure popolare, dovrebbe essere in grado di cogliere un talento canoro? In virtù di che carriera? O di che talento espresso? Cioè, basta aver venduto qualche centinaio di migliaia di copie con un album per essere di colpo un talent scout? Del resto, oggi, da Pechino Express con Clementino a The Voice con J-Ax, passando per Miss Italia con Emis Killa, se non hai un rapper tra le fila non esisti, amen. 

O perché Morgan, che ha preso il suo talento e l’ha letteralmente ibernato proprio per immolarsi al mondo della televisione, dovrebbe poi saper soffiare la vita nel talento di qualcun altro? Come dire, non è che basta fare citazioni colte, lasciar intravedere della genialità dietro l’eccentricità per giustificare l’aver mandato in vacca quanto si era lasciato intravedere (e hai voglia a cercare poeti e pensatori tra quanti arrivano lì per cantare Adele o Tiziano Ferro). Fermi lì, inutile citare Mengoni, un campione uscito da una squadra di terza categoria non la innalza alla Champions League.

Della Cabello ho già detto, e non credo serva aggiungere altro se non che sta alla meritocrazia quanto il programma al talento. 

Su Mika, che onestamente è simpatico, esercito il diritto di non esprimermi, perché è talmente internazionale, come respiro, da mandare a casa chiunque si trovi a incrociare il suo cammino, e la speranza è proprio quella che mandi a casa definitivamente il resto della ciurma (col loro cinismo, le loro finte commozioni, e il loro fregarsene dell’arte). 

Poi, è chiaro, per lavoro X-Factor finirò per vedermelo, pensando puntata dopo puntata, che probabilmente chi vincerà, se gli andrà bene, finirà a fare qualche serata alla Sagra dell’Uva, e che il secondo sarà testimonial di quella certa marca di wurstel, come tale Ics. Finirò per vedermelo perché Morgan, maledetto, ha chiamato come produttore e vocal coach Lele Battista, talento vero e purissimo che probabilmente i pochi di voi che guardano X-Factor conosceranno per il motivo sbagliato, maledetti discografici, Lele Battista che è un mio amico, e io, è noto, sono uno di parte e non scrivo mai male degli amici, anche se fanno programmi tv discutibili. Sì, finirò per vedermelo anche quest’anno, pronto a dare una testata sul setto nasale quanti mi diranno, con malcelata invida: “Beato te che per lavoro ascolti buona musica tutto il santo giorno”.