Economia

Debito pubblico, tassi sui titoli di Stato ai minimi storici. Ma solo grazie a Draghi

Dopo le dichiarazioni del presidente della Banca centrale europea a Jackson Hole, i mercati si sono convinti che Francoforte stia per mettere in campo nuove misure "non convenzionali" di stimolo all'economia. Così il prezzo che il Tesoro deve pagare per "piazzare" Btp, Bot e Cct è crollato. Il ministro Padoan solo questa settimana vuole venderne per 18 miliardi e il governo Renzi spera in risparmi complessivi per 4 miliardi. Ma, spiegano gli esperti, non è detto che la Bce si muova come previsto

Tutto merito di Mario Draghi. Secondo analisti ed esperti ci sono le parole del presidente della Banca centrale europea a Jackson Hole dietro la discesa al minimo storico (2,43%) del tasso di interesse pagato dai titoli di Stato italiani. Un record che permette al Tesoro guidato da Pier Carlo Padoan di continuare a mettere “fieno in cascina” nelle casse pubbliche e al tempo stesso sperare in risparmi fino a 4 miliardi di euro sull’esborso complessivo del 2014 per finanziare il debito. Insomma: se Matteo Renzi si troverà in tasca questo “tesoretto” da impiegare come copertura nella legge di Stabilità (il cui importo complessivo dovrebbe avvicinarsi ai 22 miliardi), il merito non sarà delle riforme del suo governo, tutte da attuare, ma solo delle aspettative sulle prossime mosse dell’Eurotower.

Le aspettative che si autoavverano – “I mercati sono convinti che già il mese prossimo la Bce darà qualche chiaro segnale riguardo al varo di nuove misure di stimolo”, spiega Angelo Drusiani, che si occupa del comparto obbligazionario per Banca Albertini Syz. “In particolare, l’attesa è per un intervento simile al programma di acquisto di titoli di Stato (in gergo quantitative easing) messo in campo dalla Fed”. Quello che viene definito il “bazooka”, cioè l’arma finale di Draghi. Una mossa che, insieme ai prestiti “mirati” alle banche (Targeted long term refinancing operations), pomperebbe liquidità nelle vene dell’Eurozona, farebbe scendere i rendimenti dei bond sovrani e darebbe la necessaria spinta all’inflazione, oggi troppo bassa. Restituendo così fiato alle economie stagnanti dei 18 Paesi. Ma come nel luglio 2012, quando Draghi assicurò che l’Eurotower avrebbe fatto “tutto il possibile per salvare l’euro”, l’aspettativa può anche “autoavverarsi”: basta che i mercati ci credano e il risultato arriva da solo. Senza che sia necessario fare nulla di concreto. E oggi (quasi) tutti sembrano crederci. Tanto che a calare a livelli mai così bassi non sono stati solo i rendimenti dei Btp, ma anche quelli dei Bonos spagnoli (2,18%) e dei titoli portoghesi (3%) e francesi (1,28%). Per non parlare del Bund tedesco, dal 19 agosto stabilmente sotto l’1% (0,94% martedì). E lo spread, cioè il differenziale tra il rendimento dei titoli emessi da via XX Settembre e quelli di Berlino, è sceso sotto i 150 punti base contro i 240 dello scorso dicembre. Anche i mercati azionari, del resto, festeggiano: lunedì Borsa italiana ha chiuso a +2,3%, il risultato migliore in Europa, ma anche gli altri listini del vecchio continente hanno archiviato la seduta con il segno più.

Tra rischio bluff e resistenze tedesche – Resta il fatto che alcuni membri del direttivo della Bce, a partire dal governatore della Bundesbank Jens Weidmann, sono contrari a misure espansionistiche di questo tipo. E non c’è alcuna certezza sul fatto che l’Eurotower voglia e possa davvero varare a breve un maxi piano di acquisto di titoli. La banca di investimento Nomura, per esempio, assegna a questo scenario il 45% di probabilità, ma non prima della primavera 2015. “La Germania fa resistenza”, spiega Drusiani. Mentre Cosimo Marasciulo, responsabile dei mercati obbligazionari governativi per Pioneer Investments, ritiene che “i tempi non siano maturi per un’azione simile a quella fatta negli Usa e in Inghilterra”. Perché? ”Il contesto giuridico all’interno dell’area euro rende difficile questo tipo di intervento”.

Ma nell’arsenale della Bce non c’è solo il bazooka – Non per questo, comunque, Marasciulo vede il rischio di una bolla destinata a scoppiare: semplicemente, quando gran parte dell’arsenale di Francoforte sarà dispiegato il “bazooka” potrebbe rivelarsi non indispensabile. “Ci sono ancora altre armi importanti da usare: un ulteriore taglio dei tassi sui depositi e un’accelerazione del già annunciato programma di acquisto di titoli Abs”, asset backed securities, cioè strumenti finanziari che “impacchettano” prestiti a famiglie e imprese e da quegli stessi prestiti e mutui sono garantiti. Riesumandoli (ora in Europa quel mercato è praticamente fermo) si consentirebbe alle banche di concedere prestiti scaricando una parte dei rischi sugli acquirenti di queste obbligazioni. “In più, devono ancora partire le Tltro”, cioè i prestiti a basso costo alle banche. Le aste prenderanno il via a settembre e gli istituti italiani hanno già “prenotato” 75 miliardi di euro.

Obiettivo ridare ossigeno all’economia. E la Fed potrebbe aiutare – Il risultato finale dovrebbe essere l’auspicato aumento dei prestiti all’“economia reale”, che continua a soffrire e, vale la pena ricordarlo, quando riesce a ottenere finanziamenti li paga ancora cari nonostante i tassi di interesse ufficiali siano ai minimi storici: i tassi medi sui mutui per la casa sono ben oltre il 4%, quelli sui finanziamenti alle imprese raggiungono il 5%. Draghi, secondo Marasciulo, prima di decidersi per le misure straordinarie (il “bazooka”) guarderà poi ai dati economici dei prossimi mesi ma anche e sopratutto alle mosse della Fed: “Se aumenterà i tassi già nel primo semestre del prossimo anno, dopo che la Bce li avrà ridotti, l’euro si indebolirà. Che è proprio quello di cui le nostre aziende esportatrici hanno bisogno. Ne deriverebbe una spinta alla ripresa che potrebbe ridurre in modo significativo la probabilità di un quantitative easing”.

Il Tesoro continua a fare provvista – In questo quadro, il Tesoro italiano ha collocato martedì 3 miliardi di titoli Ctz a 24 mesi a un rendimento mai così basso, lo 0,326% lordo, pari a 10 punti base in meno rispetto all’ultima asta. Mercoledì, poi, piazzerà fino a 7,5 miliardi di Bot. Non solo: giovedì saranno offerti fino a 2,5 miliardi di Btp a 5 anni, fino a 4 miliardi di titoli a dieci anni e Ccteu per un ammontare complessivo fino a 1,5 miliardi. Il totale supera i 18 miliardi. Via XX Settembre continua dunque a fare cassa approfittando dei tassi bassi. Grazie ai quali Padoan conta di mettere nero su bianco nella legge di Stabilità un minore esborso di 4 miliardi per il servizio al debito, che lo scorso anno ha toccato quota 95 miliardi di euro. Speranze ben riposte, considerato che si fondano sull’assunto che il livello dei tassi resti basso a lungo? “Penso che i risparmi ci saranno e saranno duraturi”, è il giudizio di Drusiani. D’accordo Marasciulo: “Non è ragionevole pensare a una risalita sui livelli del 2011 e 2012”. Quanto al rischio che le banche italiane riducano la quantità di titoli di Stato in portafoglio, per il gestore di Pioneer potrebbe essere compensato dal “ritorno di interesse da parte degli investitori stranieri, in particolare asiatici e americani, per i titoli dei Paesi periferici”.

Ma ora gli investitori esteri aspettano le mosse di Roma – Quel che continua a preoccupare, invece, è la bassa crescita nei Paesi zavorrati da un elevato debito pubblico. E qui sì che torna in campo il governo, con le riforme strutturali e le politiche fiscali più favorevoli alla crescita auspicate da Draghi. Drusiani lo spiega così: “Se la riforma della giustizia e quella del mercato del lavoro saranno percepite come serie dagli investitori internazionali, e non solo annunci, i tassi potrebbero addirittura scendere ancora”. Solo allora il merito andrà a Roma e non a Francoforte.