Cronaca

Seul, da Papa Francesco nuovo appello alla riconciliazione tra le due Coree

Bergoglio ha concluso la visita pastorale, la prima in Asia, con un'omelia in cui ha ricordato che tutti i coreani sono "fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo e parlano la stessa lingua". Invito a "respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione". Il pontefice ha anche incontrato alcune "comfort women", le schiave del sesso coreane ai tempi della Seconda guerra mondiale

“Tutti i coreani sono fratelli e sorelle, membri di un’unica famiglia e di un unico popolo. Parlano la stessa lingua”. È il messaggio finale che Papa Francesco ha voluto lasciare al termine dei suoi cinque giorni in Corea del Sud, terzo viaggio internazionale dopo quelli in Brasile del luglio 2013 e in Terra Santa del maggio scorso. Nella messa celebrata nella cattedrale di Seoul Bergoglio ha pregato nuovamente per la pace e la riconciliazione delle due Coree, così come aveva fatto durante questo suo primo viaggio in Asia con i giovani del continente. “La mia visita”, ha affermato il Papa nell’omelia, “ora culmina in questa celebrazione della messa, in cui imploriamo da Dio la grazia della pace e della riconciliazione. Tale preghiera ha una particolare risonanza nella penisola coreana”. Una preghiera, ha sottolineato Francesco, che è ancora più “potente” perché “innalzata da un intero popolo”.

Bergoglio ha ricordato ai presenti, tra i quali la presidentessa della Corea del Sud, Park Geun-hye, che “l’esperienza di divisione e di conflitto del popolo coreano dura da oltre sessant’anni. Ma il pressante invito di Dio alla conversione chiama anche i seguaci di Cristo in Corea a esaminare la qualità del loro contributo alla costruzione di una società giusta e umana. Chiama ciascuno di voi a riflettere su quanto, come individui e come comunità, testimoniate un impegno evangelico per i disagiati, per gli emarginati, per quanti non hanno lavoro o sono esclusi dalla prosperità di molti. Vi chiama”, ha esortato ancora Francesco, “come cristiani e come coreani, a respingere con fermezza una mentalità fondata sul sospetto, sul contrasto e sulla competizione, e a favorire piuttosto una cultura plasmata dall’insegnamento del vangelo e dai più nobili valori tradizionali del popolo coreano”. Ma la pace e la riconciliazione tra le due Coree per Bergoglio non possono non passare dalla “porta del perdono”, un aspetto che “da una prospettiva umana sembra essere impossibile, impercorribile e perfino talvolta ripugnante”. “Preghiamo dunque per il sorgere di nuove opportunità di dialogo, di incontro e di superamento delle differenze, per una continua generosità nel fornire assistenza umanitaria a quanti sono nel bisogno”, ha concluso il Papa.

Prima della messa che ha concluso il suo viaggio in Corea del Sud, Francesco ha anche abbracciato alcune “comfort women”, le schiave del sesso coreane ai tempi del conflitto con il Giappone durante la Seconda guerra mondiale. Subito dopo la celebrazione a Seoul, Bergoglio è ripartito per Roma e il volo papale ha sorvolato nuovamente la Cina. “Ritornando a Roma dopo la mia visita in Corea”, ha scritto Bergoglio nel telegramma che ha inviato al presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping, “desidero rinnovare a vostra eccellenza e ai vostri concittadini la certezza dei miei migliori auspici, mentre invoco la benedizione divina per la vostra terra”. Nel penultimo giorno in Corea del Sud Francesco aveva rivolto un appello al dialogo proprio ai governi comunisti dell’Asia che non hanno ancora relazioni diplomatiche con la Santa Sede.