Società

Crisi, gli ottimisti italiani sono pericolosi?

Di questi tempi ho una strana percezione: più vedo le cose peggiorare in Italia più vedo schiere di ottimisti che scrivono libri, twittano, bloggano, parlano in tv, alla radio, fan conferenze. L’ottimismo paga bene. Non ho nulla contro le persone ottimiste; per quel che mi consente la mia percezione della vita e l’evoluzione degli scenari internazionali che dibatto qui, mi considero un ottimista.

Questa ventata di ottimismo, tuttavia, mi preoccupa. Chi produce “buone notizie” e dimentica di riportare un’informazione nella sua completezza, può creare false aspettative. Quando ero piccolo se mamma mi diceva che avrebbe fatto la torta e poi non la faceva ci rimanevo male. Ok lo ammetto ho una madre stupenda che ha sempre mantenuto le sue promesse. Possiamo dire lo stesso di tutti gli ottimisti a spasso?

Economia: da qualche anno ogni politico, economista e un nutrito stuolo di giornalisti, dicono che l’anno prossimo sarà meglio. Ora a leggere i dati statistici dell’OSCE temo che gli ottimisti fossero in errore nelle previsioni degli anni passati.  Demografia: di recente sono stato in Svezia. In strada sembrava di essere in un asilo nido. Ogni passo c’era un bambino in passeggino, un bambino nella mano dei genitori, neonati appesi a marsupi. Torno in Italia e mi sembra di essere in un ospizio. La persona che vedo più giovane (e chiariamoci sono vicino a 2 università e una biblioteca universitaria) è, facendo una media, un 50 enne. Di bebè ne vedo uno ogni tanto, con scorta di genitori anziani.

Leggo un libro che elenca 10 semplici azioni che ogni cittadino può fare per cambiare l’Italia. Un libro con una copertina molto carina che sono certo venderà molte copie. Tuttavia dialogando con l’autore gli chiedo se ha messo in conto i fattori esogeni, per intenderci il mondo fuori dell’Italia. Molti ottimisti: giornalisti, scrittori di libri, politici, tendono spesso a dimenticare che c’è un mondo là fuori. Un mondo che non si premura di cosa faccia o dica l’Italia. Vediamo qualche tipica affermazione ottimistica e come si scontra con la realtà di quelli “fuori”.

La crescita economica italiana è critica ma in via di miglioramento. Leggo sul NY Times di oggi (7 agosto) che siamo messi male. Dopo aver citato i recenti dati ISTAT, il giornale suggerisce che sanzioni pesanti da parte dell’UE contro la Russia, potrebbero innescare crisi nelle nazioni europee che contano sull’export per migliorare le loro aspettative economiche. Non credo sia necessario ricordare che la Russia è uno dei nostri maggiori partner commerciali sia per il settore meccanico, alimentare, edilizia, design.

Le aziende italiane stanno tornando a produrre in Italia. Alcune aziende, specie in settori dove la qualità è rilevante (tessile, design e simili) hanno deciso di riportare parte della loro produzione in Italia. Ma se guardiamo nel complesso la fuga di aziende italiane all’estero (l’ultima è la Anglo Olandese FCA conosciuta come FIAT) è guidata da 3 fattori: ricerca di fattori di produzione economici (si rimane nel bacino europeo per produzioni veloci e si va in Asia per produzioni massive), ricerca di tassazione migliore (da comasco vedo una migrazione massiccia verso Lugano), semplificazione burocratica (i paesi a nord dell’Italia sono il target preferito). Se le grandi aziende spostano la produzione all’estero, la ricaduta economica, oltre che per i diretti licenziamenti, è sui fornitori (Benetton, Fiat avevano una lunga lista di fornitori localizzati in Italia) che si ritrovano con un buco che può raggiungere il 60% dell’intero fatturato.

L’Italia è una nazione molto interessante per gli investimenti stranieri. Sicuramente una verità, che spinge molti ottimisti a dire “ecco il futuro è qui”. Molte realtà finanziarie si sono mosse negli ultimi anni verso l’Italia. I prezzi da “saldi” di molte aziende e immobili sono sicuramente allettanti. Mi domando: un’azienda straniera o un fondo, che acquisisce un gruppo italiano, ha interesse a mantenere la produzione qui. E’ plausibile che svuoti la nuova acquisita mantenendo in Italia solo il minimo indispensabile: ufficio comunicazione, marketing e poco altro. Per chi non avesse capito nuovi licenziamenti. L’operazione Alitalia porterà a una massiccia campagna di licenziamenti.

I licenziati hanno l’opportunità di riqualificarsi. Poniamo che siate un 35 enne, buttato fuori da una multinazionale: siete nudi, i vostri contatti non valgono più. Avrete veramente la possibilità di riciclarvi in un mercato in crisi? Avete 40-45 anni? Avete ancora le forze e la testa per riciclarvi. Non voglio affossare gli ottimisti, ma prima di dar loro credito, di comprare un loro libro o attendere una loro conferenza, siate critici e domandate loro se han considerato il mondo “fuori” prima di essere così ottimisti.

@enricoverga