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Gaza: il nodo è politico, la posta in gioco è l’umanità

Siamo già ad oltre seicento vittime, la maggior parte civili, tra essi molte donne e bambini. I devastanti bombardamenti israeliani proseguono fino al compimento di una missione che in realtà non potrà mai essere compiuta, perché quello che si propone è la riduzione al silenzio di un intero popolo i cui diritti sono violati costantemente da molti anni nell’indifferenza generale.

Ogni morto in più a Gaza si porta via anche un pezzetto dell’umanità di ciascuno di noi, “filopalestinese”, “filoisraeliano” o agnostico che sia.

La comunità internazionale colpisce per la sua assenza. La classe politica italiana anche, con la sola eccezione del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

 

 

 

Si tratta di una situazione intollerabile. Prima a o poi le armi e lo sterminio cesseranno. Ma resteranno irrisolti i nodi che hanno portato alla presente situazione.

La strategia del governo israeliano è chiara. Negare ogni riconoscimento all’avversario. Continuare la politica di colonizzazione dei territori occupati, mettendo chiunque altro di fronte al fatto compiuto della forza dispiegata sul terreno. Negare i diritti più elementari dei Palestinesi. Ma è evidente che si tratta di una strategia non solo criminale ed omicida, ma anche suicida.

Chiara è anche la strategia di Hamas. Guadagnare ulteriori consensi in seno al popolo palestinese e al mondo arabo con una risposta, i missili Qassam su Israele chiaramente inefficace sul piano militare e illecita nella misura in cui colpisce o tenta di colpire, a sua volta, la popolazione civile. E’ invece legittima, secondo il diritto internazionale, e a quanto pare ben più efficace,  l’autodifesa contro le forze di occupazione.

Bisogna imporre un immediato cessate il fuoco a tutte le parti in causa. Bisogna che a tal fine il governo israeliano negozi con tutte le parti in causa, compresa Hamas. Non lo capisce Netanyahu, condizionato dai falchi nel suo governo. Lo capiscono i settori più sensibili, se ancora esistono, della società israeliana, compreso lo scrittore Abraham Yehoshua, intervistato ieri da La Repubblica.

Bisogna garantire un futuro degno a tutta la popolazione palestinese, che in questi giorni paga ancora un pesantissimo prezzo di sangue di fronte alle viltà e alle incoerenze della comunità internazionale, in particolare dell’Occidente che sta fallendo su tutti i fronti nella sua missione autoproclamata di governare il mondo.

Va appoggiata la proposta firmata da 100 premi Nobel ed artisti di imporre un immediato embargo militare ad Israele, come già fu fatto nei confronti del Sudafrica dell’apartheid. Evidenti sono peraltro le analogie fra le due situazioni. Non è ulteriormente tollerabile uno Stato nel quale vivono milioni di persone in regime di occupazione di fatto (applicabile anche a Gaza) escluse da anni da ogni diritto, compreso quello alla vita.

E’ questo il nodo politico che va affrontato. Va restituita ai Palestinesi la dignità di esseri umani. Va data alla Palestina la dignità e la sovranità di Stato a tutti gli effetti. Occorre individuare e punire le responsabilità politiche e giuridiche di chiunque si renda colpevole di crimini e violazioni dei diritti umani. E non si possono certo fare eccezioni a favore di chi, come i dirigenti politici e militari israeliani è da molti anni in prima fila nella violazione di questi diritti e ha sempre goduto di una sostanziale impunità.

Riprendendo le parole pronunciate da Enrico Berlinguer nel 1982 di fronte ai massacri di Sabra e Chatila: “Siamo di fronte a qualcosa di mostruoso che suscita raccapriccio ed esecrazione. Questa furia omicida ricorda le nefandezze dei nazisti. E sia chiaro: sono ostile all’antisemitismo come a qualsiasi altra forma di odio razziale: compreso quello di cui appaiono pervasi gli attuali governanti di Israele“.

A più di trent’anni di distanza questa furia omicida e queste nefandezze continuano imperterrite. Occorre porvi fine. Come afferma l’israeliana Nouri Peled, premio Sakarov del Parlamento europeo lo Stato d’Israele va boicottato al fine di indurlo ad abbandonare la sua linea attuale. Nell’interesse, aggiungo io, degli stessi israeliani. E dell’umanità in genere di cui tutti quanti facciamo parte.