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Mps, dopo l’aumento di capitale rimborsati allo Stato 3,5 miliardi di Monti bond

L'istituto senese, che con la ricapitalizzazione ha incassato oltre 4,9 miliardi di euro, ha restituito gran parte degli aiuti pubblici ricevuti l'anno scorso. Evitando così la nazionalizzazione. Secondo il presidente Profumo ora torna a "essere una banca normale che deve fare bene il proprio mestiere". Intanto la Fondazione non riesce a decidere sui nuovi vertici, a partire dal successore della presidente Antonella Mansi

L’ad del Monte dei Paschi di Siena, Fabrizio Viola, lo aveva ripetuto venerdì scorso: “L’ottima riuscita dell’aumento di capitale” da 5 miliardi permetterà alla banca di restituire presto “al governo italiano circa 3,5 miliardi, comprensivi di interessi e sovraprezzo, ovvero la gran parte dei Monti bond”, gli aiuti di Stato concessi nel 2013. E in effetti, dopo l’operazione di ricapitalizzazione che ha portato nelle casse dell’istituto oltre 4,9 miliardi di euro non senza causare scompiglio a Piazza Affari, martedì nelle casse del Tesoro sono arrivati 3,45 miliardi, compresi 329 milioni di interessi. Così l’istituto senese, che sempre martedì ha concluso il collocamento dei diritti non esercitati durante l’aumento, dice addio allo spettro della nazionalizzazione e si prepara, secondo il presidente Alessandro Profumo, a “essere una banca normale che deve fare bene il proprio mestiere, fare utili e servire bene il cliente”. Solo tra due settimane, però, si conoscerà la nuova composizione dell’azionariato, che “presumibilmente”, ha detto Viola, sarà “diffuso”, cioè non ci saranno nuovi soci con quote rilevanti. Quanto al rimborso della parte residua degli aiuti, Viola ha detto che “è pianificata nel piano” e per ora “non ci sono elementi” per valutare se sarà possibile anticiparlo.

Diverso il clima a Palazzo Sansedoni, sede della Fondazione Mps, che come previsto ha sottoscritto l’aumento per la sua quota così come hanno fatto Btg Pactual e Fintech, suoi soci nel patto parasociale sul 9% della banca. All’interno della Deputazione generale, l’organo di indirizzo dell’ente, non c’è infatti accordo sulle nomine per la nuova Deputazione amministratrice e soprattutto sul nome del presidente che dovrà sostituire Antonella Mansi, indisponibile a proseguire l’esperienza e data tra i papabili per la guida di Confindustria. Lunedì è arrivata una nuova fumata nera e i consiglieri sono stati riconvocati per il 7 luglio. Data vicina ma che, essendo già state calendarizzate altre due riunioni (18 e 25 luglio), potrebbe servire solo a confermare ancora una volta il mancato accordo. Pur se la politica senese con in testa il sindaco Bruno Valentini assicura di non voler mettere becco nella partita, il problema sembra nascere proprio nel Pd. Non sarebbe un caso, stando ai rumor, che Valentini la settimana scorsa abbia dovuto rinviare la discussione e l’approvazione del bilancio preventivo del Comune e che ora sia sotto scacco di una parte del suo partito, quella più vicina al predecessore Franco Ceccuzzi che proprio sul bilancio fu costretto ad alzare bandiera bianca e dimettersi.

Del nome del futuro presidente della Fondazione – in corsa ci sono l’ex presidente del Monte Pier Luigi Fabrizi (predecessore di Giuseppe Mussari) e l’ex vice presidente Turiddo Campaini – si parlerà quasi certamente mercoledì a Palazzo Sansedoni durante il Palio, per il quale sia l’ente sia la banca attendono molti ospiti. Mansi ha invitato i rappresentanti di Btg Pactual e Fintech e Carlo Salvadori, presidente di Lazard Italia, consulente di Palazzo Sansedoni per la vendita della stragrande maggioranza delle azioni di Mps. Quest’ultimo si ritroverà vicino ad Alessandro Profumo con il quale, all’epoca di Unicredit, non mancarono i contrasti, tanto che Salvadori si dimise dalla carica di vicepresidente. E secondo molti insieme al Palio sul tufo si correrà anche quello per la Fondazione.